martedì , 3 Dicembre 2024

Scienze Infermieristiche e Corso O.S.S. DierreForm. Patologie fisiche (lezioni n. 2 -> 6, modulo 2)

Modulo 2:
Lezione n. 2: ANATOMIA della via RESPIRATORIA.
Lezione n. 3: ANATOMIA del CUORE e dei VASI SANGUIGNI.
Lezione n. 4: EMATOSI,
con cenni di fisiologia e fisiopatologia.
Lezione n. 5: Il SANGUE.
Lezione n. 6: Il SISTEMA LINFATICO
.

Lezione n. 2: ANATOMIA della via RESPIRATORIA.

testa aperta in lat. (Atlante Netter)
testa aperta in lat. (Atlante Netter)

La via anatomica respiratoria comincia con le narici, ingresso alle cavità nasali, dette coane, separate dal setto

testa e collo in lat. (Atlante Netter)
testa e collo dx in laterale (Atlante Netter)

nasale, mediano. La bocca, con la quale respiriamo occasionalmente, non è considerata via respiratoria fisiologicamente, come lo è nella patologia del respiro (dispnea o affanno o affaticamento respiratorio, tutti sinonimi), ma digestiva e fonatoria.

Le vene nasali sono prevalentemente anteriori nelle cavità, mentre le arterie decorrono piuttosto posteriormente. Vene e arterie le vedremo più avanti, dopo il cuore. Da qui si capisce come le emorragie nasali (epistassi) anteriori siano più facilmente dominabili, perchè ben visibili e a bassa pressione (venosa), mentre quelle posteriori, più difficilmente raggiungibili (con il rinoscopio), siano a pressione alta, valore misurabile

Testut e Jacob, 1906, rino-, oro- ed ipo-faringe
Testut e Jacob, 1906, rino-, oro- ed ipo-faringe

ovviamente con lo sfigmomanometro, “l’apparecchio della pressione”, dal Gr. sphygmòs, pulsazione, polso, onda e manometro, misurazione, richiedendo manovre più complesse, invasive e dolorose per ottenere l’emostasi.

Da qui si passa al faringe, struttura approssimativamente cilindrica con la sua porzione più alta, craniale, detta rinofaringe, (rino in greco è naso) visitabile

con lo specchietto dell’Otorino introdotto in bocca e rivolto verso l’alto o con il fibroscopio. Qui è presente sulla parete anteriore il tessuto linfatico detto adenoidi; si scende quindi nell’orofaringe (os oris, bocca in latino), comunemente detta “gola”, visibile facendo aprire la bocca al Paziente, dietro la lingua dove troviamo altro tessuto linfatico noto come tonsille, e quindi si procede con l’ipofaringe (ipo, basso o caudale).

Qui si aprono due strade anatomiche:

lingua (da Testut e Jacob, 1906)

posteriormente l’esofago, canale della via

anatomica dell’apparato digerente che attraversa la regione cervicale (collo), entra nel mediastino e si spinge nella cavità addominale, continuandosi con lo stomaco, mentre anteriormente si entra nel laringe, via respiratoria che qui ci interessa, che presenta al suo ingresso una sorta di “coperchio”, come quello di una teiera, l’epiglottide(dal Gr. epi-, sopra, prefisso e glottide, ingresso triangolare al laringe) che si abbassa per chiudere il laringe durante l’atto della deglutizione, per evitare che il bolo vada nel laringe con rischio di soffocamento, ma si alza invece durante gli atti respiratori. Il laringe (o la laringe) serve per parlare grazie alle vibrazioni-contrazioni delle corde vocali vere; è un organo prevalentemente cartilagineo e muscolare ed un suo elemento, la cartilagine tiroide è ben visibile

ghiandola tiroidea da Chirurgia del collo, De Cesare E. ghiandola tiroidea (fonte: La chirurgia del collo, Prof. Enzo de Cesare, Editr. SEU))

nel maschio come “pomo d’Adamo”.
Mi viene in mente di dirvi che nei transessuali, questa prominenza viene sezionata per via trans-orale, scollando in scopia il labbro inferiore dalle gengive e dal mento… Una donna con il pomo d’Adamo…!
Il laringe si continua, sempre nella regione del collo (cervicale), con la trachea, anch’essa struttura cartilaginea ad anelli sovrapposti, visibile nei soggetti magri ma soprattutto palpabile al di sopra del giugulo (punto di confluenza a “V” o “U”delle clavicole e del manubrio dello sterno di quasi 2 cm di altezza). E’ questa la sede della tracheotomia (incisione con bisturi della trachea) per eseguire una tracheostomia (comunicazione chirurgica fra trachea e cute).
Ricordo incidentalmente la canzone di Antonello Venditti “mio padre ha un buco in gola” del 1973.
La sua porzione alta, iniziale, è coperta dalla ghiandola tiroide (foto sopra), per cui

lobulo polmonare (da Testut e Jacob, 1906)

durante le manovre chirurgiche essa viene delicatamente divaricata verso l’alto, stando attenti ad evitarne traumi con rischio di sanguinamento.
La trachea cervicale entra nella cavità mediastinica (trachea mediastinica) e si divide nei due bronchi, dx e sin; questi formano poi i bronchi lobari, segmentari, sub-segmentari fino ai bronchioli ed ai bronchioli terminali, bronchioli alveolari (Atlante Netter)strutture sempre più piccole, che danno origine ai “grappoli” di alveoli polmonari. Le cellule dei bronchi a contatto con il passaggio dell’aria sono di due tipi: le cellule ciliate, come una spazzola, con un movimento che dall’interno porta verso l’esterno impurità, polvere, peluzzi, batteri, funghi e virus, imprigionati anche dalla componente del muco, qui denominato catarro, prodotto dal secondo tipo di cellule, le cellule mucipare ghiandolari caliciformi. Con la tosse e lo sputo o la deglutizione tale materiale viene allontanato dall’albero respiratorio.
Ogni alveolo ha l’aspetto di un palloncino rivestito internamente da un monostrato sottilissimo di cellule alveolari. Fra queste ci sono quelle specializzate nella produzione del

schema ematosi (di ddg)

surfactante, termine inglese acronimo di SURFace ACTive AgeNT (cioè agente attivo di superficie), molecola complessa ad azione tensioattiva che impedisce all’alveolo di collabire, acquattarsi. La prematurità dei bimbi alla nascita tra la 22ª settimana e la 37ª settimana dipende proprio da questa molecola non ancora matura, e quindi gli alveoli sono collassati con ematosi (scambio di O2 – CO2 che vedremo avanti) impossibilitata.

La superficie in toto degli alveoli, cioè l’area alveolare a nostra disposizione per l’ematosi  è pari a circa 160 metri quadrati, più di un campo da tennis!

Questa è la via che percorre l’aria quando inspiriamo, a ritroso, durante l’atto della espirazione.

torace ant. aperto e diaframma (Atlante Netter)
torace ant. aperto e diaframma (Atlante Netter)
Il muscolo più importante della respirazione è il diaframma, muscolo piuttosto sottile, laminare e a forma di doppia cupola, dx e sin, a decorso orizzontale che divide il tronco nella cavità toracica, superiore, e nella cavità addominale, inferiore. Anche i muscoli intercostali interni ed esterni hanno questa funzione così come quelli definiti mm. accessori della respirazione, come gli scaleni, il succlavio, lo sternocleidomastoideo, l’elevatore della narice, quelli del torace (gran dorsale, grande e piccolo pettorale, i dentati), quelli dell’addome (retto addominale, obliqui, trasverso, quadrato dei lombi) ed altri meno importanti che intervengono in situazioni patologiche o di maggiore richiesta funzionale.
Testut e Jacob, 1906 - proiezione ant. dei polmoni
Testut e Jacob, 1906 – proiezione ant. dei polmoni

Nella inspirazione il m. diaframma si abbassa così come la gabbia toracica si amplia: > così il volume della cavità toracica. Se > il V., la pressione interna < e pertanto l’aria entra nel nostro apparato, si favorisce il ritorno venoso al cuore dx (concetto che chiariremo più avanti) e la frequenza cardiaca tende un po’ ad >; in parallelo nell’addome, compresso, si ha una < del V. che ne > la pressione. Nella espirazione allora si ha un innalzamento del diaframma, una < dell’apertura del ventaglio costale con < del V. toracico ed un parallelo > della pressione intra-toracica: l’aria pertanto esce dalla bocca (talora dall’ano!), si avrà un minimo ostacolo pressorio al ritorno venoso dx con modesta stasi visibile nei vasi giugulari superficiali del collo ed una minima < della frequenza del cuore.

Vi faccio riflettere ora sui suonatori di strumento a fiato, la tromba soprattutto: è esperienza nota che nelle fasi di espirazione forzata agli artisti si “gonfiano le vene del collo” in modo vistosissimo, così anche negli urlatori, in chi fa uno notevole sforzo muscolare (valigie, pacchi di acqua minerale, sollevare un tronco, tenere in braccio una persona, defecare forzatamente ecc.).
Concetto di spazio morto respiratorio: è il volume di aria che “riempie” la via anatomica respiratoria senza subire l’ematosi, pari a circa 150 cc di aria. La tracheostomia consente di ridurre questo spazio, pari ovviamente alla quantità di aria che normalmente è presente dalle narici alla sede dello stoma (anastomosi tracheo-cutanea o bocca o abboccamento), a favore del suo passaggio negli alveoli, a parità di attività inspiratoria,  e dell’ematosi.
Lasciamo questo argomento qui, dove l’aria con il suo ossigeno è arrivato all’alveolo polmonare, per riprenderlo più avanti.
Lezione n. 3: Parliamo ora del CUORE e dei VASI sanguigni.
Il cuore è un muscolo striato per le caratteristiche istologiche, visibili al microscopio ottico come la pelle della tigre, come tutti i muscoli che noi
                                                                                                        mediastino post. aperto (Atlante Netter)                                                                                                     mediastino post. (Atlante Netter)

muoviamo, detti volontari, ma è in effetti un muscolo involontario, perchè batte indipendentemente dalla nostra volontà (!); potremmo però controllare un po’ la sua frequenza con la concentrazione e

cavità toracica aperta con polmoni e mediastino ant. (Atlante Netter)
cavità toracica aperta con polmoni
e mediastino ant. (Atlante Netter)

l’esercizio specifico come nello yoga, nella meditazione trascendentale, nel feedback fisiologico, training autogeno ed in altre esperienze similari. Il muscolo striato si contrappne a quello liscio, caratteristico dei muscoli involontari, come quelli dell’intestino, colecisti, albero respiratorio, vasi sanguigni, vie renali, sacco scrotale, acomodazione della vista ecc.

Il mediastino è la regione centrale, mediana, della cavità toracica, pari a circa il 20% in volume della stessa, i cui confini sono: sup.re, piano ideale trasversale passante per il giugulo (vedi sopra) tipo “soffitto”, inf.re, con il m. diaframma, ant.re, lo sterno, post.re, con i 12 corpi vertebrali dorsali, laterali, con le pleure polmonari mediastiniche. Tale spazio contiene, antero-posteriormente i seguenti organi e strutture: timo, ghiandola immuno-competente, presente fino allo sviluppo

Testut e Jacob, 1906 - cavità mediastinica da sin.
Testut e Jacob, 1906 – cavità mediastinica da sin.

dell’individuo (16 -18aa); la sua involuzione è favorita dagli ormoni sessuali e dall’eccessivo stress (da qui lo stress come inibitore delle difese immunitarie specifiche dei linfociti T!), mentre la sua funzione richiede un adeguato apporto di vitamina A.) e più tardi con i suoi residui adiposi; il cuore con i suoi grossi vasi: vena cava inf.re o V.C.I., vena cava sup.re o V.C.S., arteria polmonare con le sue due branche dx e sin, aorta ascendente, il suo arco e poi posteriormente, aorta discendente, 4 vene polmonari), trachea mediastinica con i suoi due bronchi, ed infine esofago, in posizione para-mediana sin, vasi linfatici e nervi. Il tutto è permeato da tessuto adiposo ora lasso (poco denso), ora compatto, denso.

cuore aperto "a libro" (Atlante Netter)
cuore aperto “a libro” (da Atlante Netter)

Quindi il cuore è un organo mediastinico.

Esso ha 4 camere, nell’ordine per il flusso del sangue: atrio dx, ventricolo dx, atrio sin, ventricolo sin. La valvola atrio-ventricolare dx è detta tricuspide (a 3 lembi), quella atrio-ventricolare sin è detta mitrale o bicuspide, quella dell’arteria polmonare e dell’aorta sono dette entrambi tricuspidi semilunari, a forma di nido di rondine con la concavità verso l’alto. Un sottile setto interatriale ed uno spesso setto interventricolare dove decorre l’importante ramo discendente dell’a. coronarica di sin., dividono il cuore nelle sue parti dx e sin.
Prima di procedere oltre, definisco la vena ed il sangue venoso, l’arteria ed il sangue arterioso, i capillari, quindi il sangue ed infine il sistema linfatico.
La vena  è un vaso sanguigno con scarsa componente muscolare e prevalente componente elastica, ha delle valvole che impediscono il reflusso del sangue ed il verso di esso è “sempre verso il cuore“, atrio dx, cioè verso lo sterno e la mammella sin, come proiezione ideale anteriore sul torace.
La velocità del flusso ematico è lenta, perchè nel suo interno vige una pressione di pochi mmHg (millimetri di mercurio, sigla Hg – Hidrargyrum) ed il suo procedere è favorito da vari fattori idraulici e funzionali quali l’aspirazione diastolica del V. dx (anche questo concetto lo riprenderemo avanti), dalla differenza di pressione tra due zone del vaso dove vige la legge dei “vasi comunicanti”, dal tono muscolare e dall’elasticità delle pareti venose, dalla aspirazione inspiratoria polmonare già vista, dalla pompa muscolare negli arti, dalla forza di gravità.
Il sangue venoso è ricco di CO2 (anidride carbonica) trasportata dall’emoglobina come carrier, formando la carbossiemoglobina (HbCO2) una specie di rifiuto (catabolita) delle varie attività metaboliche che deve essere in parte smaltito all’esterno con la espirazione; esso ha un colore rosso scuro (nelle figure degli atlanti è blu). Una quota di CO2 rimane comunque nell’organismo per varie e preziose funzioni.
L’arteria è un vaso sanguigno a ricca componente muscolo-elastica per supportare la pressione di lavoro che noi possiamo misurare con lo sfigmomanometro (pressione sistolica e diastolica o PA massima e minima) ed è priva di valvole; il flusso ematico del sangue arterioso è pertanto veloce per la formidabile spinta della sistole del ventricolo sin. e per la forza aggiuntiva della spinta vasale per le sue componenti funzionali (muscolare ed elastica) che “ridanno l’energia accumulata” nella loro massima distensione al passaggio dell’onda ematica; il suo colore è rosso brillante per la prevalente presenza nell’Hb dell’O2, ossigeno, formando l’ossiemoglobina.  Il verso del sangue è sempre in direzione della periferia, si allontana perciò dal cuore.
Tra i due sistemi di scorrimento del sangue vi è quello dei capillari che si formano dallo sfioccamento delle arterie in vasi arteriosi più piccoli, le arteriole con il concetto di capillare arterioso (vedremo dopo il significato didattico) e quindi di capillare venoso, per poi formare piccoli vasi venosi, le venule, che confluiscono in condotti sempre più grandi, le classiche vene. Il sistema dei capillari ha un calibro sovrapponibile al diametro di un globulo rosso, circa 6 – 8 micron (mm/1.000); essi portano nei vari organi ed apparati l’ossigeno e tutte le sostanze nutritizie, i sali minerali, le vitamine, gli oligoelementi, gli enzimi ematici, gli ormoni, i farmaci ecc. affinché ogni cellula del corpo possa “prelevare” intelligentemente ogni fattore di cui ha bisogno. Se vuoi vai a Biochimica per curiosare un po’ su questo argomento.

La parete di un vaso capillare, arterioso o venoso, ma anche linfatico (vedi avanti) è simile: all’interno del vaso troviamo l’endotelio,

generalità della parete di un vaso
generalità della parete di un vaso (fonte: www.unife.it/medicina)

sinonimo intima vasale, unico strato di cellule pavimentose (cioè piatte) che è a contatto con il sangue che scorre. A livello del cuore, l’intima prende il nome di endocardio, che riveste le 4 camere cardiache e le 4 valvole. All’esterno troviamo il secondo strato, la tonaca media, prevalentemente elastico nelle vene e nei capillari, muscolo-elastico nella parete delle arterie, essenzialmente muscolare nel cuore. All’esterno di detti vasi troviamo il terzo elemento del mesotelio, detto avventizia, che nel cuore prende il nome di epicardio, a contatto con il muscolo e pericardio, esterno. Vedremo nella lezione n. 11 del modulo n.3 il ruolo delle cellule endoteliali nella coagulazione, fisiologica, e nella trombosi, coagulazione patologica, nonchè nella infiammazione e nella crescita neoplastica con il fattore, per ora a voi sconosciuto, detto angiogenetico.

Nell’uomo la lunghezza totale dei vasi sanguigni, arterie, vene, capillari è pari a circa 100.000 Km., due volte e mezzo il giro del mondo! (fonte). La quantità di sangue circolante è invece circa 1/13 del peso corporeo, circa 5.5 l. per un peso di
Testut e Jacob, 1906 - il cuore
Testut e Jacob, 1906 – il cuore

75 Kg. e 5l. per 65 Kg. con una quota di circa 90 cc. di sangue ad ogni sistole.

Le pressioni di lavoro delle 4 camere cardiache sono, in mmHg: atrio dx e sin. mediamente 0 mmHg, zero cioè come la pressione ambientale, con variazioni fiiologiche da -5 mmHg a +5 mmHg, il ventricolo dx in sistole 20-25 mmHg ed in diastole 5 mmHg, il ventricolo sin. lavora con la P.A. che prendo con lo sfigmomanometro, orientativemente 120/60 mmHg. Si capisce così che solo per il ventricolo sin. posso agevolmente valutare a quali pressioni lavori. Con un ecocardiocolordoppler conosco quella del ventricolo dx. Gli atri si studiano con cateterino venoso per il dx ed arterioso per il sin., quindi in modo invasivo, quando serve. Si giustifica così il modesto spessore del miocardio del V. dx in rapporto a quello del sin. Vedi l’immagine precedente a questa del cuore non “aperto”, ed il perchè l’arteria polmonare sia un’arteria, pur lavorando con sangue venoso, poichè deveve spingere il sangue nella piccola circolazione, finalizzata all’ematosi.
Tutto il sangue venoso dell’organismo affluisce all’atrio dx, con eccezione delle vv. bronchiali che non vi spiego.
Gli affluenti all’atrio dx sono 3: vena cava superiore (V.C.S.), vena cava inferiore (V.C.I.) e seno coronarico (Se.Co.).
La vena cava superiore raccoglie tutto il sangue refluo (che proviene cioè) da testa, collo, arti superiori e parte superiore del torace;
la vena cava inferiore porta all’atrio dx tutto il sangue proveniente dal corpo al di sotto del m. diaframma. La grande V.C.I. poco prima di gettarsi nell’atrio dx riceve il sangue dal fegato attraverso le 3 vv. sovra-epatiche, subito sotto il diaframma;
il seno coronarico porta il sangue refluo dal cuore.

Il flusso ematico attraversa quindi la valvola tricuspide e giunge nel

schema delle 4 camere cardiache con affluenti, valvole ed effluenti
schema delle 4 camere cardiache con affluenti, valvole ed effluenti

ventricolo dx dove

passa quindi nell’arteria polmonare, che si divide dopo pochi cm. in a. polmonare dx, per il polmone dx ed a. polmonare sin per il polmone sin.

segnale pericolo

Tali vasi arteriosi, ma con sangue venoso, si diramano in condotti sempre più piccoli aumentando così la superficie vascolare fino a diventare capillari polmonari alveolari “venosi”, perché ricchi di HbCO2. Avvenuta l’ematosi, questi minuscoli vasi, detti capillari polmonari alveolari ormai “arteriosi” si riuniscono in minuscoli vasi detti venule polmonari (ma con sangue arterioso!), vene sub-segmentarie, segmentarie, vv. lobari per formare infine le 4 vene polmonari, 2 per lato, che rappresentano gli affluenti all’atrio sin. Da qui il sangue passa attraverso la valvola mitrale (o bicuspide) nel ventricolo sin. per passare, con la sistole, nel grande vaso denominato aorta che porta il sangue nella circolazione sistemica, cioè a tutto il corpo, a tutti gli organi ed apparati.
(GUAI se vi sento dire la VENA aorta!!!).
Anche qui attenzione all’inganno della definizione di vv. polmonari: esse come sapete portano sangue arterioso, ma la loro struttura istologica è caratteristica delle vene (!) con bassa pressione.
La valvola aortica, come la polmonare a dx, le semilunari, ha 3 valvole a nido; da due di esse nascono le due arterie coronariche, dx e sin che irrorano il cuore. Il suo sangue venoso, come detto prima, si raccoglie poi formando le vene coronariche che confluiscono nell’atrio dx attraverso il vaso detto seno coronarico.
Il cuore ha l’effetto di una pompa in quanto presenta due fasi funzionali: la diastole, peculiare per le quattro cavità e la sistole essenzialmente per i soli due ventricoli.
La diastole atriale è la dilatazione “passiva” di queste camere, dx e sin., cioè il loro riempimento dovuto alla spinta del sangue proveniente dai rispettivi affluenti. Il lavoro atriale è a pressione zero + o – 5 mmHg, come già detto.
Il sangue giunto nei ventricoli con la dilatazione o diastole ventricolare, formidabile pompa aspirante, ne determina il riempimento con forza di lavoro massima per il ventricolo dx di 5 mmHg e per il sin, di circa 60 mmHg, misurabile con lo sfigmomanometro (dal Gr. sphygmòs, pulsazione, polso e manometro, misura) al valore della pressione arteriosa (P.A.) minima.
Abbiamo ora la fase espulsiva ematica rappresentata dalla sistole ventricolare: a dx il sangue passa nell’arteria polmonare con forza di lavoro di circa 20 – 25 mmHg, mentre a sin. il valore è pari alla P.A. massima, cioè di circa 120 mmHg. Per qualcosa di più al riguardo vedi le prime righe della lezione 8.
Lezione n. 4: Per il concetto di EMATOSI utilizzo un mio disegnetto, utile al riguardo.
schema ematosi
schema dell’ematosi: il capillare alveolare venoso proviene dalle diramazioni dell’a. polmonare; il capillare alveolare arterioso formerà le 4 vv. polmonari.

Vedete come la molecola di O2 dell’aria inspirata raggiunga quel “palloncino”  che rappresenta l’alveolo polmonare. La sua parete interna, come prima segnalato, è rappresentata da un unico strato di varie cellule “alveolari” , spalmate dal gel surfactante. Questo epitelio monostratificato è adiacente alla parete esterna del capillare alveolare, con un microscopico cuscinetto connettivale detto interstizio (zona colpita dal Covid-19!) con la diagnosi radiologica, ma anche autoptica, di polmonite interstiziale basale, cioè dei lobi inferiori, bilaterale. Più avanti vedremo, sempre nel Covid-19, la microtrombosi dei vasi capillari polmonari (!) che peggiora ovviamente l’ematosi, favorendo il circolo polmonare apicale: da qui la posizione prona del Paziente intubato per molte ore/die, circa 18!
La grande affinità della molecola di Hb presente nel globulo rosso, carrier o trasportatore per l’ossigeno, fa sì che essa carichi tale molecola, cedendo quella della CO2: da carbossiemoglobina HbCO2 proveniente dalle diramazioni dell’arteria polmonare del ventricolo dx diventa pertanto ossiemoglobina HbO2.
Il fenomeno biochimico avviene ad una velocità > di 1.500 Km/ora!!!
Il sangue così ossigenato viaggia nel capillare alveolare diventato arterioso funzionalmente in strade a struttura venosa però, come prima detto, diretto verso l’atrio sin con le 4 grandi autostrade arteriose dette vene polmonari.

Un’altra considerazione. Vedendo la circolazione ventricolo dx – atrio sin, detta circolazione

globuli rossi ematosi
globuli rossi ematosi (da AJM)

polmonare o piccola circolazione, meglio sarebbe dire “breve” (!) notiamo che la strada percorsa dal sangue in tale tratto è nettamente inferiore a quella della grande circolazione o circolazione sistemica che va dall’aorta all’atrio dx. Dato che la quantità di sangue che arriva all’atrio dx è uguale a quella che esce dal ventricolo sin. con l’aorta, si intuisce che la velocità ematica nei due distretti deve essere maggiore in quello sistemico, tant’è che la pressione di “viaggio” in essa è pari alla P.A. misurabile.
Ciò comporta anche che la “strada arteriosa”, cioè i suoi vasi di scorrimento siano meno ampi di quelli venosi. Nei vasi polmonari infatti avremo due caratteristiche; minor velocità, dato che il ventricolo dx spinge il sangue nei polmoni con una pressione di circa 20 – 25 mmHg ed il letto vascolare sarà molto ampio. Nella circolazione sistemica, il ritorno venoso al cuore comporta un’importante < della velocità di flusso, tant’è che le vene, di solito parallele alle arterie omonime, sono di solito doppie, e comunque numericamente più numerose ed ampie. Questo equilibrio fra afflusso venoso al cuore ed il suo efflusso arterioso garantisce che il sangue non ristagni nelle varie strutture anatomiche.

Stasi clinicamente invece avviene
nei deficit funzionali del ventricolo dx, con stasi nella V.C.S. e quindi nelle vv. giugulari, testa, collo e torace sup.; stasi nella V.C.I. con fegato da stasi ematica, talora con presenza di ascite – vedi articolo 15), V.C.I., edemi dei genitali e edemi colonnari degli arti inferiori. Se la HbCO2 è notevole, avremo la sfumatura cianotica, bluastra, di alcuni distretti di maggior stasi; si associa stasi ovviamente anche nel seno coronarico con possibili aritmie,
e nei deficit funzionali ventricolo sin con stasi nei vasi polmonari che > la loro pressione endo-luminale con tosse, affanno fino al grave edema polmonare;
o ancora nello scompenso cardiaco in toto,  o scompenso globale del cuore dove le problematiche cliniche dei due ventricoli in sofferenza si sommano.

daddy cuore

In definitiva, in entrambi i casi, il paziente avrà una sindrome da bassa gittata (sistolica) sin. sia per causa del V. dx che del V. sin.
Utile al riguardo una passeggiata nell’articolo dedicato alle cardiopatie.

Ecco ragazzi: così “vi ho dato il mio cuore“, cioè quello che ritengo utile per capire un (bel) po’ di circolazione ematica e di funzione cardiaca.

Lezione n. 5: Il SANGUE.
Ho impiegato molte volte finora la parola “sangue“. E’ arrivato il momento di parlarne.

globuli bianchi del sangue (fonte)

L’etimologia latina deriva da sanguis. Il sangue è un liquido complesso, un tessuto connettivo in realtà, formato da una parte cellulare per il 45%, detta ematocrito ed una plasmatica per il restante 55%.
Nella prima troviamo i globuli rossi (sinonimo: eritrociti, emazie) cellule senza nucleo che hanno una vita media di 120 gg., le piastrine (sinonimo trombociti) che sono in realtà frammenti di varie dimensioni (piccole e grandi) anucleati della grande cellula madre denominata megacariocita, con vita media di poche ore fino a 9 – 10 gg ed i globuli bianchi (sinonimo leucociti), nucleati, la cui vita varia da pochi giorni a due settimane.
Per le caratteristiche cliniche di questi tre elementi vi rimando all’articolo sull’emocromo, lavoro impegnativo e corposo della fine 2009, neopensionato.

Cellule del sangue (da Corriere.it)
le 3 cellule del sangue (da Corriere.it)

Il siero: è il plasma privato dei suoi fattori della coagulazione.
La componente plasmatica, che coagula come visto prima, è idrofila e contiene tutti gli elementi nutrizionali definiti metaboliti (che portano dentro la cellula con il concetto di capillare arterioso” per quella cellula”) e cataboliti (che portano via dalla cellula, con il concetto didattico di capillare venoso sempre “per quella cellula”), e non solo:
lipidi (grassi), protidi (proteine) e zuccheri (sinonimi glicidi, glucidi, carboidrati, idrati di carbonio), (l’ossigeno viaggia nell’Hb dei globuli rossi, ma una piccola quota è libera), H2O (acqua), vitamine (vedi le singole voci), elettroliti (sali minerali e ioni), oligoelementi, ormoni e mediatori chimici, enzimi circolanti, immunoglobuline (anticorpi), eventuali farmaci e droghe, quello che fumo e che bevo!, calore ed altro incidentale.
Ma la componente plasmatica contiene anche i rifiuti o cataboliti, che chiamo spesso trush: in primis CO2 (anidride carbonica) libera e come acido carbonico H2CO3, (la HbCO2 è nel globulo rosso), urea, acido urico, ammonio ed altri.

Veniamo ora al midollo osseo o rosso, sede della formazione degli elementi figurati del sangue.

linfociti T e B
linfociti T e B

La cellula madre del midollo osseo, staminale e quindi totipotente, si divide in due linee cellulari: la linea rossa o mieloide detta anche emopoiesi e la linea bianca o linfoide. Ecco lo schema della cellula madre del midollo rosso con la:

         
linea mieloide (rossa)     linea linfoide (bianca)
globuli rossi (1)                linfociti: T e B (Bone, osso in Ingl.) (2): linfociti Natural Killer (3)
…………………………….e plasmacellule (4)
piastrine (5)                      granulociti eosinofili (6)
gran. neutrofili
(7)          granulociti basofili (8)             
monociti (+ batteri) -> macrofagi (9)           
mastociti (10)

(1)  I globuli rossi con l’emoglobina (Hb) trasportano ossigeno (HbO2, ossiemoglobina) alle cellule in periferia come sangue arterioso e si caricano di anidride carbonica (HbCO2, carbossiemoglobina) come sangue venoso che si dirige all’atrio dx del cuore. Sono cellule senza nucleo (cromosomi di DNA) non dovendo andare incontro a divisione cellulare, la mitosi. Hanno un aspetto a pedina di dama con membrana cellulare e citoplasma elastici e dal diametro di 7 μ, come quello dei capillari. Vivono 120 gg., tempo dopo il quale vengono fagocitati e lisati dai macrofagi della milza (sinonimo splene). L’Hb di risulta viene convogliata nella vena splenica del circolo portale del fegato per essere trasformata in bilirubina, componente della bile. Per il circolo portale c’è il modulo n. 6 dedicato, come per quello delle funzioni del fegato, modulo n. 5.
(2) I linfociti T nascono nel midollo rosso e maturano nel timo (T), ghiandola linfatica del mediastino, ricordate?, e quando questa si esaurisce con l’adolescenza, rimane la memoria dei T nei loro discendenti. Il loro diametro è di 6 – 10 μ, anche loro molto elastici, complianti nel “corridoio dei capillari”.
Essi sono responsabili dell’immunità cellulo-mediata cioè riconoscono gli antigeni endocellulari dei patogeni (per il significato di antigene, link) come virus, funghi e bacillo della TBC cioè il Mycobacterium tubercolosis, determinano purtroppo il rigetto degli organi trapiantati (da qui la terapia con immunosoppressori, con la Ciclosporina, il farmaco più conosciuto) ed hanno un’azione anti-tumorale collaborando con i fagociti linfociti Natural Killer di derivazione dai linfociti B; producono mediatori per lo sviluppo e maturità di altri linfociti T, partecipano al fenomeno della infiammazione (grande versatilità funzionale!) come produttori di fattori di crescita tissutali e mediatori chimici come le note citochine. La loro vita media va da mesi ad anni. Sono costituiti da 4 (o 5, non so bene) sottopopolazioni linfocitarie, ognuna con specifiche e caratteristiche attività:
linfociti T citotossici o Tc o T killer o CD8+: lisano le cellule bersaglio favorendo la fagocitosi dei macrofagi, programmano l’apoptosi (suicidio) delle cellule tumorali e di quelle infettate da virus, sono  implicati nel rigetto del trapianto, già detto prima.
linfociti Th o T helper o T4 o CD4: stimolano i linfociti B favorendone la differenziazione in plasmacellule produttrici di anticorpi con la secrezione di citochine (prodotte da molti tipi di cellule, sono piccole proteine che si legano a specifici recettori di membrana cellulare dando lo stimolo alla crescita, al suicidio o apoptosi, alla differenziazione, sia nelle cellule vicine, locali quale effetto paracrino, che in quelle lontane come effetto endocrino o ancora in quelle che le hanno generate, come effetto autocrino). Ricordo qui che nell’infezione da HIV (Human Immunodeficiency Virus) con il quadro clinico dell’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome) sono loro le “prede” elettive con deleterio < del loro numero e funzioni;
linfociti T regolatori (già denominati suppressor o linfociti Ts): inibiscono l’attività dei linfociti T citotossici evitando che il sistema immunitario attacchi antigeni-self, autoantigeni, propri, come avviene nell’epoca della gestazione; il loro difetto provoca le malattie autoimmuni;
linfociti T DHT: T Delayed Type Hypersensitivity (ipersensibilità ritardata): sono mediatori in particolare della ipersensibilità ritardata (si manifesta dopo 2-3 giorni dopo l’introduzione dell’antigene che scatena la reazione come da contatto come con la gomma, nichel, tubercolina) e dei fenomeni infiammatori;
linfociti della memoria (non so se vengono inseriti in un gruppo precedente) e si riferiscono alla memoria immunitaria ovviamente: ricordare le infezioni passate, favorendo la produzione di altre sottopopolazioni.
I
Linfociti B riconoscono gli antigeni di superficie o di membrana (i linfociti T quelli endocellulari, come prima detto) dei batteri. Per mnemotecnica:
la B di bone, osso in Ingl., vale anche per la B di batteri!!! ricordate,
e si trasformano in Linfociti Natural Killer per la fagocitosi o in plasmacellule per la produzione degli anticorpi specifici. Dai Linfociti T ricevono le informazioni da passare alle plasmacellule per la produzione di anticorpi antivirali, antimicotici e contro la TBC; nel feto è il fegato ad essere la sede della loro produzione, mentre alla nascita sappiamo quanto prima detto sul ruolo del midollo osseo. Per i batteri (germi o bacilli, sinonimi), i linfociti B trasmettono direttamente i dati antigenici alle plasmacellule per la produzione degli Ab specifici. Essi rappresentano circa il 35% dei globuli bianchi; vita media, pochi giorni.

SOLO il 5% dei LINFOCITI SI TROVA NEL SANGUE, LA RESTANTE QUOTA LA TROVIAMO NEGLI ORGANI  e  TESSUTI LINFATICI: timo, adenoidi e tonsille, midollo osseo (rosso), fegato soprattutto nell’embrione, milza, linfonodi, placche del Peyer cioè raggruppamenti nodulari di linfociti “a placche” nelle mucose lungo le vie faringee e respiratorie distali, intestinali, genitali ed urinarie ed il cosiddetto MALT (Mucose-Associated Lymphoid Tissue) (vedi alla fine dell’articolo sul sistema linfatico).
(3) i linfociti N.K. provengono dai Linfociti B e sono elementi presenti nelle reazioni di rigetto da trapianti, nei pazienti con cancro e nelle infezioni virali e micotiche, attivandosi come fagociti che lisano la “preda” con enzimi che scindono le macromolecole (come avviene nella digestione intestinale degli alimenti) nei loro costituenti primari delle cellule trapiantate con il fenomeno del rigetto, delle cellule neoplastiche e di quelle infettate dai virus. Da ricordare però che i comandi alla fagocitosi di cellule infettate da virus e funghi e da cancro e trapianti provengono dai linfociti T.
(4) le plasmacellule si differenziano con lo stimolo dei linfociti T (helper) sul linfocita B per quanto riguarda gli antigeni virali, micotici (dei funghi) e della TBC. La loro emivita è controversa, andrebbe da pochi giorni a molti anni. Queste cellule secernono grandi quantità di anticorpi (immunoglobuline sinonimo) di 4 tipi:
IgA presenti nel tessuto linfoide associato alle mucose;
IgE ad azione contro parassiti ed allergeni, presenti ovviamente nel plasma ma anche nel liquido seminale;
IgG o gammaglobuline, sono le più numerose e sono rilevabili nel sangue, linfa, fluido cerebrospinale o cefalo-rachidiano, nel liquido peritoneale e nello sperma; attivano la fagocitosi dei granulociti neutrofili, dei monociti e dei linfociti N.K., sono gli anticorpi più attivi contro le tossine batteriche ed ancora, come prima detto, rappresentano la protezione del feto contro gli Ab materni. Rappresentano infine i markers di precedenti malattie. La G, come mnemotecnica è riferibile a “già”, antico contatto.
IgM sono gli anticorpi attuali, presenti come “stato di malattia” o di “infezione in atto” perchè attivi contro i germi. Risolta la patologia, scompaiono lasciando la memoria alle IgG. Sempre come mnemotecnica, che amo, la “M” delle Ig la associo al romano “MO”, adesso, per indicare uno stato attuale di infezione o per lo meno di contatto con l’antigene.
C’è la possibilità di conoscere le percentuali relative dei linfociti T e B, con l’esame, sempre con la provetta dell’emocromo, chiamato sottopopolazioni linfocitarie. Questi elementi sono portatori sulla loro membrana cellulare di 6 antigeni diversi, i CD (Cluster o “gruppo” of Differenziation)  caratterizzanti nome e specifica funzione immunitaria. Eccoli:
Linfociti B (CD19);
Linfociti T hanno tutti l’antigene CD3, sono circa il 60- 80% circa dei linfociti circolanti e risultano fondamentali nella immunità cellulo-mediata. La loro presenza nella placenta garantisce la tolleranza del feto, altrimenti rigettato!!!
Linfociti T helper (CD4) vengono denominati pertanto anche linfociti CD3+/CD4 perchè oltre all’antigene CD3 presentano l’antigene CD4, che aiuta (helper) i linfociti B a produrre anticorpi.
Linfociti suppressor (CD8) detti anche CD3+/CD8: con effetto citossico su virus, batteri o antigeni tumorali o estranei all’organismo, distruggendoli. Il termine suppressor ha anche il significato di “soppressione” della risposta immunitaria in contapposizione all’azione dei linfociti CD4 che la stimolano, favorendo così un reale equilibrio della rete immunitaria.
Linfociti NK (Natural Killer) con sigla CD3+/CD56: producono citochine come l’interferone gamma, distruggono cellule infettate da virus, cellule neoplastiche e fagocitano o intossicano le cellule nel fenomeno del rigetto dei tessuti trapiantati (come già detto).
Gli altri linfociti: Linfociti CD5 , CD10, CD15, CD20, CD23, CD38 sono definiti markers di neoplasie tipo linfomi e mielodisplasie (leucemie).
(5) iniziano la coagulazione con la formazione del trombo bianco o “tappo piastrinico“.
(6) questi leucociti ci difendono da parassiti e vermi, favorendo la -> di Ab delle plasmacellule con le IgE. Hanno anche azione fagocitaria per i complessi Ag/Ab e per i batteri intracellulari, azione meno vigorosa dei formidabili granulociti neutrofili.
Frequente la presenza di ossiuri nei bambini, piccoli vermi rilevabili con lo scotch test applicato sull’ano e visibile nel Laboratorio Analisi il giorno dopo; gli eosinofili agiscono nelle reazioni allergiche, (se allergia, si ha allora produzione di Ab, mai nelle intolleranze!), ed infine nelle malattie del collagene autoimmuni, dove l’organismo produce anticorpi contro elementi antigenici personali (autoanticorpi) interpretati invece come estranei, e quindi “nemici da distruggere”. Tra le tante malattie autoimmuni ricordo: diabete mellito tipo 1 dell’infanzia insulino-dipendente, tiroidite di Hashimoto (con ipotiroidismo) e morbo di Basedow (con ipertiroidismo), lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sclerosi multipla, sindrome di Sjogren (interessa soprattutto le ghiandole esocrine lacrimali e salivari del sesso femminile provocando secchezza per infiltrazione dei Linfociti T nelle ghiandole), celiachia (infiammazione cronica dell’intestino tenue, generata dall’assunzione di glutine, frazione proteica di alcuni cereali come orzo, segale e frumento in soggetti con predisposizione genetica), malattie infiammatorie croniche intestinali come morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, psoriasi, sclerodermia, dermatomiosite, vitiligine (perdita di melanociti con schiarimento di alcune zone della pelle).
(7) detti anche microfagi, presentano una fagocitosi batterica imponente;
(8) nelle allergie e nei fenomeni da ipersensibilità, nello shock anafilattico;
(9) in presenza di batteri e sotto stimolo dei linfociti T, i monociti diventano macrofagi con spiccata attività fagocitaria batterica, per i detriti proteici, dei globuli rossi invecchiati (> 120 gg.) e del tessuto neoplastico necrotico, fenomeno che condividono con i linfociti Natural Killer; si formano così molecole responsabili della febbre che può accompagnare la sindrome oncologica (pirogeni endogeni, cioè sostanze non esterne, ma da riassorbimento).
In Neurologia vedremo la microglia (alla “m” del glossario), un tipo cellulare da loro derivati. Nel SN si attivano anche in presenza di cataboliti neuronali proteici in eccesso, di neuroni danneggiati e di placche proteiche patologiche (Alzheimer e corpi di Lewy del Parkinson al link) tramite il fenomeno della autofagia (cannibalizzazione), rappresentando le cellule primarie della microglia.
(10) istiociti o mastcellule. Li troviamo nel tessuto connettivo ed in posizione perivasale, non nel sangue; hanno movimento ameboide. Il loro ruolo si innesca nelle reazioni allergiche, da ipersensibilità, nella anafilassi (anche shock) e nella infiammazione: liberano istamina ed NO (ossido nitrico) ad azione vasodilatatrice con incremento della permeabilità vasale che consente di convogliare ulteriori cellule a funzione immunitaria (eosinofili, neutrofili, monociti, linfociti T, piastrine) sulla scena della infiammazione per fronteggiare l’antigene non microbico (infiammazione) o il patogeno (infezione). L’ulteriore liberazione di eparina nel contesto extra-capillare permette alle proteine presenti in zona di non coagulare.

E’ questo allora il momento di fare un elenco delle categorie dei Pazienti immunodepressi o a rischio di immunodepressione, che vi prego (sarebbe meglio dire vi OBBLIGO di ricordare!) con un occhio al modulo n. 17, lezione n. 40 Sistema psico-neuro-immuno-endocrino.
Eccole: le immunodeficienze neonatali e le malattie autoimmuni gravi acquisite, come i Pazienti con AIDS, gli Oncologici soprattutto se sotto chemioterapia (TCX, chemioterapia antiblastica) o in Radioterapia estesa ed i trapiantati soprattutto con cellule staminali a causa delle terapie immuno-soppressive, nelle leucemie e linfomi (modulo n. 4, lezione n. 17), i politrasfusi, i soggetti in stress (stress compagno di vita) acuto e cronico, (modulo n. 17, lezione n. 41 sul Sistema psico-neuro-immuno-endocrino), atleti di sport estremi e sportivi in overtaining per la dannosa vigoressia, gli anziani avanzati in scarse condizioni igieniche, deficit ormonali, quelli con MOF (Multi Organ Failure o sindrome da deficit multiorgano con la responsabilità della tempesta di citochine da parte dei macrofagi), i politraumatizzati, i grandi ustionati, i Pazienti di Chirurgia avanzata ampiamente demolitiva e ricostruttiva, alcolisti cronici e malnutriti anche e spesso in Ospedale (!) quale patologia iatrogena (modulo n. 6, lezione n. 22). I cateteri venosi centrali (CVC) e gli stent biliari, endocoledocici a permanenza o presenti per tempi molto prolungati possono essere elementi favorenti le infezioni sistemiche, valutando anche la diagnosi e l’eventuale fragilità del Paziente (!), molto meno gli altri presidi come il C.V., gli stent ureterali, uretero-pielici, drenaggi biliari o trans-epatici esterni, drenaggi liquor cerebrale-peritoneo ed infine tubi per alimentazione enterale artificiale gastro-digiunali.

 

Lezione n. 6: Il SISTEMA LINFATICO.

sistema linfatico
sistema linfatico (fonte)

Parliamo ora di questo sistema vascolare particolare, circolo collaterale ancillare, satellite di quello arterioso che è un po’ la cenerentola della didattica anatomica, essendo quello sanguigno più importante e conosciuto e dopo aver conosciuto i globuli bianchi nella precedente descrizione del sangue. Esso consente:
– la circolazione della linfa, termine di derivazione latina che significa “collegato all’acqua”, pari normalmente ad 1 o 2 litri contro i 5, 6 del sangue; è definita come liquido extracellulare o interstiziale e quindi connettivale proveniente dalla trasudazione del sangue, privo di globuli rossi e pertanto denominato dai Greci “sangue bianco”. Contiene ossigeno libero, glucosio, aminoacidi ed altri nutrienti. La sua circolazione, dicevo, non avviene ad opera di una “pompa” come per il sangue, ma subisce le variazioni della postura e quindi della forza di gravità dell’individuo, dell’attività polmonare inspiratoria come per il circolo venoso, delle contrazioni muscolari adiacenti, di quelle pulsatili arteriose e di quelle delle proprie fibre muscolari parietali; il suo apparato valvolare a “nido di rondine” come quello macroscopico polmonare ed aortico, evita il reflusso del suo contenuto. Quando i vasi si ingrandiscono in duttuli e dotti, compare prima saltuariamente quindi stabilmente, la membrana basale ed il sistema muscolare liscio diventa più consistente e prossimalmente, verso il torace risulta innervato.
trasporta i grassi (lipidi) e le vitamine liposolubili A, D, E, K provenienti dalla digestione e quindi dall’assorbimento del piccolo intestino con i suoi vasi detti chiliferi;
– con il sistema vascolare sanguigno agevola la circolazione del plasma, la componente acquosa in particolare, regolando il suo equilibrio e la sua concentrazione nel corpo. Ogni eccesso di liquido trasudato dal letto capillare ematico è raccolto dai capillari linfatici e convogliato verso il sistema venoso toracico. Ciò si oppone alla formazione di accumulo di acqua (edema) a livello distrettuale e sistemico; il ruolo di tale sistema collabora ampiamente pertanto all’equilibrio idro-salino ed oncotico (di pressione molecolare) dell’organismo, in ultima analisi risulta fondamentale per l’omeostasi ( dal Gr. μοιος e στάσις, uguale, simile posizione) cioè per l’equilibrio metabolico;
– agisce con le sue cellule, i linfociti, come nostro difensore contro i microrganismi potenzialmente infettanti individuando gli antigeni specifici;
– risulta presente in tutto l’organismo tranne nel S.N.C. (sebbene presenti sottili vasi nelle meningi), nel cristallino, cornea, muscoli, cartilagine, epidermide e midollo osseo.

Gli elementi strutturali e funzionali di questa rete sono rappresentati da:
– vasi
: già detto, decorrono per lo più accanto e intorno ai vasi arteriosi dai quali spesso prendono il nome e la spinta per risalire dalla periferia verso il torace, gettandosi a dx nella vena anonima con il piccolo tronco linfatico dx che

cisterna del chilo
cisterna del Pecquet o cisterna del chilo (da Testut e Jacob, Anatomia topografica, 1908)

raccoglie la linfa dalle strutture anatomiche sovra-diaframmatiche dx compreso il polmone dx e parte di quello sin., e con il grande dotto toracico a sin. più evidente, che si inoscula alla confluenza della vena giugulare interna con la succlavia di sin. Esso raccoglie la linfa dal distretto sotto-diaframmatico, dalla metà sin. delle strutture sovra-diaframmatiche, dal lobo polmonare sup. sin e da parte di quello inferiore.
Il capillare linfatico inizia in periferia a cul di sacco e la sua struttura parietale, in assenza qui della membrana basale,  è formata da un unico strato di cellule spesso sovrapposte che presentano numerose fenestrature per gli scambi metabolici con l’ambiente extravascolare e propaggini che la rendono aderente al connettivo circostante. Ciò consente assorbimento agevole di acqua, ossigeno, molecole varie e cataboliti la cui destinazione è quella di essere demoliti o eliminati dai linfonodi stessi, dai reni, polmoni e fegato. Alla periferia dell’intima si apprezzano strutture filiformi muscolari spiraloidi (elicoidali) che contribuiscono alla progressione della linfa;

schema di linfonodo (fonte)

 -linfoghiandole (linfonodi, ghiandole linfatiche o gangli linfatici, sono sinonimi): fisiologicamente sono elementi a forma di fagiolo, capsulati, sub-centimetrici; sono centinaia in quasi tutto il corpo e rappresentano un reale filtro per la linfa dove i linfociti individuano, catturano e lisano con la fagocitosi “elementi estranei” per lo più proteici, tossine batteriche ed agenti biologici patogeni come virus e germi. Caratteristiche le sedi linfoghiandolari superficiali, dette anche palpabili e visibili talora in alcune situazioni patologiche; queste le più rilevanti: regioni pre- e retro-auricolari, sotto-mandibolari, latero-cervicali, sottomandibolari, del giugulo, sovraclaveari, ascellari, del gomito, inguino-crurali e del poplite. Le sedi profonde circondano gli organi e le strutture anatomiche seguendo, come prima detto, i corrispondenti vasi

faringite follicolare virale con le classiche placche faringee del Peyer

arteriosi. Il loro ingrossamento è per lo più dovuto da una reazione del sistema immunitario verso un agente infettivo batterico o virale (come nella foto accanto),  la linfadenopatia reattiva, ad una loro infezione in atto (linfadenite batterica, rara oggi quella tubercolare) oppure ad una colonizzazione neoplastica (linfadenopatia metastatica);
organi: timo, adenoidi e tonsille, midollo osseo (rosso), fegato soprattutto nell’embrione, milza, linfonodi, placche del Peyer cioè raggruppamenti nodulari di linfociti “a placche” nelle mucose lungo le vie faringee e respiratorie distali, intestinali, genitali ed urinarie ed infine il cosiddetto MALT (Mucose-Associated Lymphoid Tissue).

Per le patologie correlate ai globuli bianchi -> lezione n. 10 nel modulo 3.

Per l’assorbimento digestivo dei grassi -> lezione unica del modulo 4.

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