venerdì , 26 Aprile 2024

OSS. Nuovo Corso 2020. Argomenti di Medicina. Modulo n. 3/nc

 

FAD (Formazione A Distanza) alla DierreForm, Lanciano (Ch).

OSS: Nuovo Corso 2020.

Argomenti di Medicina, Dr. Stefano Graziani.

Modulo n. 3/nc.

3) Assistere la persona nel mantenimento delle capacità psico-fisiche: Minori.
(n° 2 lezioni).

Specifica fondamentale: stiamo parlando di Minori. Ecco le definizioni per età:
neonato: primi 28 giorni di vita,
lattante: primo anno di vita,
prima infanzia: da 1 a 6 anni,
seconda infanzia: da 6 a 12 anni,
adolescenza (teenager): dai 12 ai 18 anni.

Conoscenze: Caratteristiche tipiche di assistiti minori (patologie, sintomi, effetti, contenuti e metodi degli interventi assistenziali e sociosanitari).
Abilità: Riconoscere i segnali/sintomi di disagio e/o rischio della persona assistita. Supportare, nei limiti del proprio ruolo, interventi di rieducazione, riattivazione e recupero funzionale.

Tutta la terminologia che troviamo in questo compito, la abbiamo analizzata nell’introduzione a questo link.

Come nell’Anziano, anche qui l’OSS si interfaccia con il Minore/Paziente, Famiglia e tutore/caregiver figure con le quali si deve instaurare un rapporto di ausilio, collaborazione, cordialità ed empatia, dove i Genitori, se presenti, sono i referenti più importanti. Ricordiamoci che il termine “malato” non è più appropriato, ma soprattutto il minore disabile rientra nel concetto di “Persona avente diritti” (Conferenza di Madrid, 2002, fonte)

Di fondamentale valenza è l’esperienza “tecnica” dell’OSS, ma anche la sua sensibilità, educazione e generosa dedizione al suo delicato ruolo, sempre rispettando l’etica (la filosofia del rispetto del Bene personale e sociale, del Giusto e del Bello), la morale

Pericle (Atene 495 a.C.? – 429 a.C.)

(comportamento personale e nel sociale, anche qui, improntati ai principi dell’etica) e la riservatezza (privacy), elemento moderno. Tutto questo ci porta al ricordo della nascita della Democrazia, dal Gr. demos, popolo, e krateo, comando, nel V° secolo a.C. con Pericle, politico e militare che ci dimostra, senza mai parlare di dei, forze soprannaturali o Olimpi, come l’etica e la morale debbano essere seminate, coltivate e produrre frutti nell’ambito di una cultura appropriata.

La finalità delle lezioni che ci viene chiesta, prevede un percorso/obiettivo attuabile nelle strutture residenziali e assistenziali, soprattutto nella Domiciliare, eccezionalmente in Ospedale per ricoveri protratti e complessi.

Come abbiamo visto nella lezione dedicata all’Anziano, anche nel Minore abbiamo il percorso/obiettivo del mantenimento delle capacità psico-fisiche: il termine “mantenimento” deriva dal Lat. manu tenére, tenere in mano ed ha il significato temporale di incentivare, favorire e quindi conservare, “far durare nel tempo”, ma anche migliorare se possibile, una determinata cosa, situazione o status positivi

Stefano a scuola

in funzione della promozione dell’autonomia, dell’autostima e quindi della gratificazione dell’Individuo “immerso nel suo mondo”.

Per “mantenere” una cosa bisogna conoscerla e valutarla in funzione del soggetto e della sua situazione.
E’ chiaro che nel nostro campo, con l’aiuto del Team assistenziale, si deve arrivare se non proprio ad una diagnosi precisa del nostro Paziente, talora complessa, almeno ad un indirizzo orientativo e di valutazione che ci consenta di “fare una fotografia” dell’attuale situazione sanitaria con definizione di quanto ci viene chiesto: il mantenimento delle capacità psico-fisiche del nostro giovane Paziente, pertanto valutato a 360 gradi, con il concetto della conoscenza olistica (dal Greco olòs, tutto, intero).
Al riguardo vi ricordo una mia frase importante, che ripeto spesso a Scuola.
Alla domanda:
“quando GUARDO una piaga da decubito, COSA VEDO?”
La risposta appropriata è:
“VEDO un PAZIENTE CON una piaga da decubito…”

Anche qui, come per l’Anziano, la base di conoscenza e di programmazione sociosanitaria è affidata al PAI, che riporto integralmente.
Subito dopo parlerò del PEI, Progetto Educativo Individualizzato.

Il PAI o Piano Assistenziale Individualizzato è il programma e documento di sintesi multidisciplinare più diffuso nelle strutture sanitarie residenziali  (RSA) e sul territorio (ADI: Assistenza Domiciliare Integrata).
Esso riporta dati e informazioni dell’Assistito finalizzato ad ottimizzare una strategia di cura e di assistenza che sappia promuovere al meglio le condizioni di Salute, nel suo concetto globale, e quindi il massimo benessere auspicabile e raggiungibile: è il concetto della personalizzazione assistenziale che si programma e si applica ovunque si trovi fisicamente il Paziente, più raramente in H. per ovvi motivi.

Pertanto esso contempla la valutazione clinico-assistenziale, sociale, psicologica e di comunicazione, con la partecipazione condivisa e attiva da parte dei componenti del nucleo familiare, del tutore, caregiver o badante in modo da garantirne quanto più possibile consapevolezza, controllo e plasticità d’azione, che è l’adattamento intelligente e versatile ai bisogni del nostro Assistito (in Inglese, empowerment).

Il PAI ha un periodo di durata prestabilita, ma variabile e quindi versatile in funzione delle variazioni delle necessità e delle evoluzioni dei suoi elementi definiti e prevede 3 campi di azione:
l’Area clinico-assistenziale con Personale Medico di varie specialità clinico-diagnostiche, Infermieristico anche qui con varie specialità di competenze e OSS;
l’Area Sociale con l’Assistente sociale, Educatori, OSS e Animatori;
l’Area Riabilitativa con il Fisioterapista, i Tecnici della riabilitazione e l’Educatore.

Il PAI ha una duplice valenza concettuale e pratica:
1) rappresenta un atto burocratico, amministrativo e medico-legale, requisito necessario per l’accreditamento delle RSA (D.P.R. 14 gennaio 1997, fonte),
2) è il documento socio-sanitario essenziale per quanto detto prima.

La sua redazione è affidata ad un team di specialisti multidisciplinari ed è garantita da uno dei suoi componenti che assume la posizione e compito di responsabile referente del piano.

Ecco allora il significato del PEI, Programma Educativo Individualizzato.
E’ un documento previsto dalle leggi dello Stato, basato sul percorso educativo di uno scolaro – studente diversamente abile, con l’obiettivo di promuoverne l’inclusione “nel gruppo”, soprattutto scolastico, con il massimo livello del suo potenziale.
In questo ambito l’OSS partecipa e si applica nelle modalità progettuali e finalizzate agli obiettivi programmati.
Il PEI è (fonte) il documento contenente la sintesi coordinata dei
tre progetti
:
didattico-educativo,
riabilitativo e di
socializzazione
previsti nell’articolo 13 comma 1 lettera a della Legge 104 del 1992, dal Decreto Legislativo 13 aprile 2017 n. 66 con le modifiche dell’1 settembre 2019.
Il PEI diventa così parte integrante del progetto individuale di forte integrazione a livello scolastico ed extrascolastico del giovane con disabilità.
Il PEI viene redatto dal Gruppo di lavoro per l’handicap operativo (GLHO) composto dall’intero Consiglio di Classe con gli Operatori dell’Unità Multidisciplinare e dei Servizi Sociali, unitamente ai Genitori. Documento versatile, prevede verifiche, aggiornamenti con adeguamenti fattivi.

Nell’ambito del PAI e del PEI in ambito pediatrico, le disabilità che vanno sotto il nome di AUTISMO e di Sindrome di ASPERGER meritano una

Uomo della battaglia di Anghiari, Leonardo 1503 (ddg. 1967)

speciale menzione e discussione.
Le nozioni le rilevo dal mio glossario etimologico di Neurologia, alla lettera “a” della lezione n. 36, modulo n. 14.

AUTISMO: dal Gr. αὐτός, stesso», nel senso di chiusura in se stessi. Il termine è stato coniato all’inizio del ‘900 dallo Psichiatra psicodinamico svizzero Eugen Bleuler. L’autismo è un disordine neuropsichico dell’infanzia (fino ai 18 aa.), ma permanente, che colpisce 4 volte di più i maschi, 1/150-160 bambini, caratterizzato da severa povertà emozionale, disinteresse ad ampio raggio soprattutto nel linguaggio e nel colloquio finalizzato, con quindi incapacità comunicativa e relazionale interpersonale, nonché logistica ambientale ed inconscia demotivazione.
Da ciò deriva un difficoltoso, talora impossibile o solo episodico inserimento nel sociale con mancato sviluppo intellettivo (disabilità intellettiva) ed emotivo.
In ambito motorio la mimica del volto è inespressiva, è presente la lateralità dello sguardo, cioé il bimbo non riesce a fissare lo sguardo di chi gli parla; la postura e l’atteggiamento del corpo sono inadeguati al momento attuale, con talora stereotipie e verbalizzazioni monotone e ripetitive; a ciò si accompagna scarsa compliance nei confronti di esperienze nuove poiché gli interessi e le attenzioni sono meccanicamente ripetuti in scene standardizzate dove si possono notare elementi comportamentali da iper- o iporeattività.
Si evidenziano ancora, non di rado, deficit funzionali con deambulazione insicura e bizzarra, postura goffa ed altre singolarità, come autolesionismo, anche masturbatorio ed espressioni di atteggiamenti provocatori ma anche violenti.
I pazienti vengono definiti “neurodiversi” (in rapporto agli individui non autistici detti per convenzione “neurotipici”), poiché non riescono ad elaborare in modo congruo le informazioni dell’ambiente, il “loro mondo”, da loro percepito pertanto in modo “diverso”, anomalo, con modalità comunicative e comportamenti ridotti, inappropriati.
Per quanto riguarda invece la sensibilità in senso generale, di recente si è notato che l’autismo può presentare interessanti e particolari espressioni

Istituto d’Arte “Giuseppe Palizzi”, Lanciano

di percezione sensoriale “contaminata”, talora detta superiore, tipo la sinestesia (-> alla “s” ancora del glossario).
Al momento l’eziologia dell’autismo non è chiara, certa è la familiarità ricordando che il disturbo inizia in utero con alcuni difetti nelle fasi iniziali dello sviluppo della corteccia cerebrale (studio condotto sul cervello di bambini autistici e sani del New England J. of Medicine).
L’età materna > 40 aa. e maggiormente quella paterna > 50 aa. sono reali fattori di rischio al riguardo, come l’esposizione (studi della Columbia University) della donna gravida ai pesticidi tipo DDT (para-diclorodifeniltricloroetano). In questo ambito ecco che si invoca una multifattorialità nel DSA, con elementi genetici nel 10-15%  dei casi, detto autismo secondario, come nella sindrome del cromosoma X fragile, causa più frequente di ritardo mentale ereditario con lieve dimorfismo (dal Gr. due forme, rappresenta la differenza dell’aspetto tra individui della stessa specie ma di sesso differente, come distribuzione del grasso, dei peli, statura…) con disturbi del comportamento e macrorchidismo (testicoli voluminosi nei maschi); nella sclerosi tuberosa, rara malattia con sviluppo frequente di innumerevoli tumori benigni soprattutto del cervello, testa, cute, reni con epilessia (-> glossario), disturbi del comportamento e ritardo mentale ed infine nella sindrome di Rett, rarissima patologia dello sviluppo del SNC interessante per lo più bambine con grave deficit cognitivo.
Sempre rimanendo nel campo genetico, si osservano molteplici combinazioni di mutazioni, talora però con dubbi sulla causalità, che possono rendere questi Pazienti “vulnerabili” al disturbo, epigenetici (interazione tra geni e fattori ambientali con evidenze peraltro modeste) ed

Liceo Classico “Vittorio Emanuele II”, Lanciano

altre variabili biologiche, come malattie infettive (sospette, ma non codificate, come la rosolia) ed anomalie più o meno complesse tipo ipo- o ipertrofia di strutture di loci cerebrali, con attività metaboliche imperfette ed ancora turbe dell’organizzazione biochimica in ambito immunitario o neuroelettrico.
Impossibile la diagnosi evidente dei DSA prima dei 3 anni di età, ma si osservano alcuni segni precoci di autismo (fonte) che possono essere “drammaticamente” utili per un approccio diagnostico tempestivo ed un adeguato intervento riabilitativo finalizzato al contenimento dei deficit psico-fisici conseguenti, garantendo loro, comunque, reali progressi sul versante emotivo, cognitivo e quindi sociale, ricordando anche che questi bambini spesso possono avere un’intelligenza superiore alla norma.
Al momento non si hanno evidenze scientifiche che associno vaccini alle DSA ed all’autismo in particolare, ricordando che in realtà il disturbo anatomo-funzionale nasce già durante la gravidanza, e questo è anche significativo per le malattie infettive intercorse dopo la nascita (almeno credo!). Terapia: link dell’Istituto Superiore di Sanità.

Sindrome di ASPERGER o s. da Spettro Autistico, nome preso dal Pediatra accademico austriaco Hans Asperger (1906 – 1980) che per primo ha identificato questo complesso di segni e sintomi che si evidenzierà palesemente con la frequentazione scolastica.
Subito una definizione, caratteristica (fonte):
è la dedizione ad un argomento o ad un interesse circoscritto.

Nel Nord Europa si contano 3 – 4 casi/10.000 individui con un rapporto di 9 a 1 per i maschi. Tale sindrome si differenzia dal gruppo dei DSA (Disturbi dello Spettro Autistico) per l’assenza del ritardo dello sviluppo cognitivo e della comunicazione con il linguaggio, per le discrete capacità di autonomia, di comportamento adattativo che richiedono supporti dedicati, ma non intensivi, del debole, ma talora assente desiderio di rapportarsi agli altri (interazione sociale) anche se in modo molto autogestito e stravagante, mentre permangono stabili l’assenza della curiosità, dell’empatia e dell’analisi logistica con l’iterazione comportamentale con occupazioni ed interessi inappropriati, ingenui, non intuitivi e puerili, in rapporto alle potenzialità dell’età (orientativamente 3 aa. in meno), con l’eccezione dei problemi matematici.
L’andatura è scoordinata ed impacciata come le afferenze sensitive sono spesso percepite come anomale. Questa situazione si associa di frequente ad un disturbo dell´umore come disturbi d’ansia e depressione (-> glossario) verosimilmente su 1 bambino su 3, a problemi di deficit di attenzione e di controllo della singolare eccessiva energia emotiva, quindi delle impulsività, talora violente come nell’ira e nella rabbia, del disagio palese, nella routine quotidiana, nel cambiare attività, orari ed ambienti consueti e della trasmissione incongrua di messaggi di sentimenti di gioia e d’amore, il tutto per la mancanza o il grave ritardo del pensiero, della partecipazione e della maturità in campo sociale, un isolamento aggravato anche dalle esperienze di bullismo ricorrente.
Da ricordare ancora le non rarissime patologie associate alla sindrome di Asperger ed agli altri DSA (-> glossario).
L’eziologia va cercata in una mutazione genetica, una volta stabilita la non correlazioni con procedure vaccinali o infezioni pre-, neo- o post-natali.
Al riguardo studi intensi si rivolgono al ruolo di geni anomali presenti nel cromosoma 7.

Ora elenco le strutture, residenze e luoghi di lavoro dove sia prevista la presenza di un OSS, oltre il domicilio del Paziente e vari Ambulatori del Territorio: sono servizi sanitari e sociali gestiti da Enti pubblici, Cooperative sociali e da privati.
L’elenco lo troviamo al link del Programma Fondo Forte, inserito nelle lezioni dedicate al Paziente Anziano, al quale dobbiamo aggiungere dell’altro di particolare per i Minori (fonte).

Comunità alloggio: sono strutture residenziali per l’accoglienza di Anziani e Minori disabili che per vari motivi non possono vivere in casa perché deboli e fragili, bisognosi di assistenza protettiva, monitoraggio e di riabilitazione sanitaria. In alcune Regioni è richiesto il pagamento di una quota mensile, calcolata secondo il reddito familiare.

Centro Diurno per Minori è una struttura a carattere semiresidenziale dei Servizi Sociali del Comune di appartenenza, di solito destinata al Minore in carico che si trovi in situazioni fragili e compromesse, come disagio socio-familiare, ambientale, scolastico, eventuale e probabile rischio di emarginazione/isolamento.
Da qui la necessità di un supporto educativo, culturale e psicologico nell’ambito domestico, onde evitare l’allontanamento del Minore dal nucleo familiare. Inoltre il Centro Diurno è presente e fattivo nel problema del rientro in casa del Minore già ospite di una Comunità di recupero.
Nell’ambito dei Centri Diurni inserisco ovviamente
l’ANFFAS, Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettive e/o Relazionali, Associazione autonoma presente su vaste aree del territorio nazionale, costituita da Soci Amici e Soci Ordinari, ossia familiari di persone portatrici di disabilità a livello psicomotorio, intellettivo e/o relazionale.
Io conosco bene quella di Lanciano (CH), con il Presidente e Collega Dr. Carlo Martelli con la moglie Niva Bazan Martelli e la Responsabile del Coordinamento dell’Associazione Dr.ssa Simona Mutti, denominata l'”Aquilone” i cui principali destinatari sono
i portatori di disabilità di età compresa tra i 3 ed i 60 anni, per i Minori, quelli entro il 18° anno, portatori dalla prima infanzia di patologie disabilitanti, ma stabilizzate, di natura sensoriale, motoria, cognitiva ed affettivo relazionale,
i loro familiari o i familiari di persone portatrici di disabilità, che in qualità di Soci, rappresentano le colonne portanti di tutte le Associazioni ANFFAS,
gli “operatori” del settore, termine da intendersi in senso allargato e comprendente le figure professionali già attive, l’OSS, sia a livello di tirocinio che di lavoro, quelle in formazione ed i volontari o aspiranti tali. Le attività: tra le tante, annovero quelle risocializzanti, i laboratori occupazionali (ceramica, decoupage, bricolage, mosaico e intarsio del legno, ricamo, uncinetto, cucito, florivivaismo) ed artistici (teatro, educazione canora e

violino in epoca Covid-19

strumentale, disegno e pittura, ecc.) su dimensione gruppale, la rieducazione motoria in gruppo e individualizzata, alcune tipologie di sport, il servizio mensa, la musicoterapia. Questa organizzazione rappresenta una concreta risposta alle esigenze attuali e a quelle in divenire della popolazione disabile, risorsa aggiunta alle strutture educative e/o sanitarie e prettamente riabilitative per gli utenti in età evolutiva. Anche qui, a grandi linee, l’OSS impronta la propria attività nei seguenti compiti:
a) pulizia e igiene del posto di lavoro;
b) soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario;
c) favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.

Fattorie didattiche: sono strutture particolari dedicate e versatili per gli utenti singoli, per famiglie, gruppi parrocchiali, scolastici e boys scout ma anche e soprattutto per giovani e meno giovani portatori di handicap.
Si incentivano così l’esperienza e le emozioni di informazione creativa, stimolante e socializzante nello scenario della natura e degli spazi aperti, della vita nei campi e dell’agricoltura, ma anche degli animali “da cortile”.
Ecco qui le relative recenti ortoterapia e pet therapy cioè la “terapia dell’animale che dona affetto”, come cani, gatti, cavalli, asinelli, conigli, pratiche che accompagnano il generoso e versatile supporto di altre strategie più comuni e note, nell’ambito dello stimolo alle esperienze che promuovono interesse, messaggi ed amore per quello che esiste e palpita “al di fuori” del nostro troppo spesso “piccolo mondo” talora egocentrico e miope.
Nel centro opera sempre un’équipe interdisciplinare che lavora in stretto contatto con i Servizi Sociali per una progettualità educativa individualizzata. Tra le figure previste vi è il Conduttore, colui che ha addestrato l’animale, ne è responsabile dello stato di igiene e salute, sempre presente in tutte le sedute di terapia ed anche l’OSS, come già detto, in quanto questa tipologia di servizio, ancillare a quella infermieristica, è destinata anche a minori portatori di handicap.

Comunità Alloggio per minori
Il servizio funge da intervento di sostituzione temporanea del nucleo familiare volto a garantire al minore condizioni esistenziali per quanto possibile normali e gratificanti, offrire un contesto di vita stabile, di tipo familiare, favorire un equilibrato sviluppo comportamentale, psicologico, affettivo, relazionale e sociale del minore allontanato dal nucleo d’origine. Si rivolge a minori di età compresa tra 6 e 18 anni segnalati dai Servizi Sociali sulla base di Decreti di allontanamento emessi dai Tribunali dei Minori. Sono inoltre ammessi in via eccezionale anche i minori nella fascia 3-6 anni, collocati in famiglie mediante l’affido familiare.

Consultorio familiare
Il consultorio familiare è una struttura sanitaria a sostegno dei cittadini, che si tratti del singolo o della famiglia. Viene gestito dalle Regioni attraverso le ASL, quale servizio pubblico che rientra nelle prestazioni del SSN i cui scopi sono la maternità e paternità responsabile, i problemi dei minori, la tutela della salute della madre e del nascituro, informazioni appropriate per le coppie sulla prevenzione di una gravidanza indesiderata, l’assistenza agli adolescenti sulle problematiche tipiche dell’età come l’accettazione e il disagio nel gruppo o in famiglia, l’alimentazione, il bullismo a scuola, il sesso, l’identità di genere, il ciclo mestruale, i contraccettivi, la informazione e prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, l’interruzione volontaria della gravidanza e …..
Le figure professionali disponibili: il Ginecologo e il Pediatra, l’Assistente sociale, lo Psicologo e l’Avvocato, l’Infermiere professionale (I.P.) coadiuvato dall’OSS ed infine, sempre più prezioso nei nostri tempi, un Mediatore linguistico-culturale.

Ecco che in questi contesti
l’OSS esperto di PAI, PTI e PEI
abbiamo capito come agisca con vari compiti, oltre a quelli istituzionali, e li ricordo:
partecipa e collabora con genitori, insegnanti, educatori, assistente sociale, psicologo ecc.) per lo

Libertà
Marco Zeno. Freedom: la scultura poetica.

sviluppo cognitivo, affettivo e sociale del Minore;
ne favorisce la creatività e la fantasia con giochi vari; importanza nel promuovere favole e disegni con “luoghi belli” e “luoghi brutti” e “personaggi buoni e personaggi cattivi” talora rivelatori di realtà disturbanti non affiorate per paura, vergogna, pudore…;
può svolgere attività di accoglienza e vigilanza durante le attività ricreative e di trasporto;
lavora a casa, al nido, a scuola e nel doposcuola, palestra, in centri ricreativi e in Ambulatori/Studi riabilitativi di Pediatria e Chirurgia Pediatrica, Neurologia, Neuropsichiatria infantile, Ortopedia, Fisiatria, Foniatria, Logopedia, Dietologia-Nutrizione, Terapia del Dolore, Oncologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Ortognatodonzia, branca della Stomatologia o Ortodonzia che si occupa

della correzione estetica e funzionale delle malformazioni dei mascellari e delle anomalie di posizione dei denti e delle successive gengivopatie, così frequenti nei bambini con gravi postumi neonatali.

E tutte queste incombenze vengono vissute con attenzione, consapevolezza e diligenza.
L’OSS deve sapere che il Minore assistito è un universo di emozioni, sentimenti, elaborazioni psicodinamiche sempre complesse e tortuose, ora fragili oppure ostinate e potenzialmente irremovibili, accanto ad eventuali problematiche sensoriali e motorie di deambulazione, di espressione verbale, di postura e di gestione degli sfinteri le cui

Le tre generazioni (fonte: ?)

competenze saranno trattate da Specialisti dedicati, coinvolti nel PAI.
Altra riflessione fondamentale che rappresenta una sorta di “colla” o di “salvagente” per il rapporto con il nostro Paziente:
evitare la percezione dell’inganno, della bugia e dei sotterfugi
che può portare a
perdere la fiducia nell’operatore.

La verità deve essere tradotta in frasi nelle quali ci sia sempre spazio per la SPERANZA, per un FUTURO positivo più o meno prossimo da percorrere TUTTI INSIEME, Famiglia, Assistenti, Medici, Maestri e Insegnanti, Religiosi, Amici, Tecnici…

Pertanto l’OSS deve dimostrare esperienza e sensibilità, poichè spesso il suo giovane Assistito (fonte) può manifestare
conflitti e disagi, espressi in modo variabile a seconda dell’età, delle capacità di comunicazione e di quindi di relazione con l’ambiente,
vive con paura la consapevolezza della malattia, della sofferenza e del dolore, di un’eventuale menomazione psico-fisica, della perdita della libertà e dell’integrità del proprio corpo, del proprio futuro sociale e relazionale, scolastico e sportivo, modificazioni delle attività quotidiane e dei programmi abituali che per lui rappresentano sicurezza e agile gestione.
Tutto ciò può portare, già detto, ma lo ribadisco per l’importanza, a reazioni emotive sia con predominanza della rabbia, della disperazione e della aggressività sia con prevalenza di rinuncia all’azione, alla depressione, ansia, apatia, pessimismo e negativismo.
Frequenti le esperienze lavorative dell’OSS in ambito di famiglie disfunzionali (situazioni familiari difficili)

sigaretta persona malata
(fonte)

con equilibri instabili o fortemente contrastanti, di scarsa educazione e cultura, dove il Minore può vivere esperienze di maltrattamento, percosse (battered child), abuso sessuale (child abuse), isolamento, malnutrizione, igiene precaria ed il moderno cyberbullismo (fonte) manifestazione in Rete del bullismo, caratterizzato da frasi moleste ed intimidatorie su una vittima, esercitate da uno o da un gruppo di bulli, di solito amici, conoscenti, compagni di scuola o di sport, ma anche anonimi. Oggi la tecnologia consente a tali personaggi nefasti di infiltrarsi nelle case delle vittime, di materializzarsi in ogni momento della loro vita, perseguitandole con messaggi, immagini, video offensivi inviati tramite smartphone o pubblicati sui siti web tramite Internet. L’obiettivo patologico è quello di provocare danni ad un “coetaneo” fragile, inerme perchè incapace di difendersi.
Se in casa qualcuno ha l’abitudine alla violenza, all’alcol, al fumo o ad altre sostanze dannose, il Minore vive in un tunnel buio, angoscioso, senza rispetto e premura, compromettendo il proprio sviluppo psicofisico.
E la perplessità lo attanaglia,
nel pensiero di non riuscire a capire,
compromettendo,
quale volto abbia il Bene, il Bello e il Giusto
.
Da qui la spavalda e deleteria
propensione al rischio
con bici, parcour, skate e poi con moto e macchina, magari di altri!

Dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso compare in Giappone una definizione di un particolare comportamento giovanile con auto-isolamento nelle mura domestiche, è il fenomeno detto hikikomori (stare in disparte, isolarsi), individuato anche in altri Stati “occidentali” dall’inizio del 2000. Con tale termine si tende a descrivere una sindrome che colpisce giovani e giovanissimi. Il significato della parola hikikomori, termine giapponese che deriva dal verbo hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi),  è “stare in disparte, isolarsi”. Questo termine nasce per definire un fenomeno caratterizzato principalmente da ritiro sociale, una volontaria reclusione dal mondo esterno, isolamento e rifiuto totale non solo per ogni forma di relazione, ma anche per la luce del sole. Unico compagno, il computer. Nonostante sia un disturbo complesso, sembra essere predominante (fonte) in soggetti che presentano alcune caratteristiche: maschio (9 casi/10) giovane tra i 14 e i 30 aa, figlio unico, estrazione sociale medio-alta con spesso genitori entrambi laureati in cui uno dei due, in genere il padre, risulta assente in famiglia e spesso ricopre incarichi dirigenziali.

All’esterno delle mura domestiche si possono prospettare altri rischi situazionali dovute a bullismo, discriminazione, isolamento, abusi non eccezionali di alcol, di sostanze stupefacenti, aggressioni anche sessuali e lesioni, il tutto soprattutto in ambiente scolastico, ricreativo o sportivo.
Qui, sempre con delicatezza, incentivare aperture relazionali dedicate al riferire situazioni imbarazzanti e negative, alla confidenza e fiducia e quindi alla condivisione delle problematiche di disagio, di conflitto e di sofferenza.

Chiaro che i primi referenti siano i genitori, se affidabili, come prima visto, anche loro da educare e sensibilizzare se necessario, ma anche rincuorare laddove opportuno e fattibile.
E qui i ruoli dell’Assistente Sociale, dello Psicologo e purtroppo talora di un Legale, sono fondamentali e necessari.

Ho detto nelle altre lezioni che
l’OSS non deve mai sentirsi solo,
ma come un elemento prezioso nell’ambito del Team sanitario e sociale.
Ecco che la condivisione delle problematiche con colleghi esperti e con i superiori sarà in grado di migliorare la comunicazione, spesso difficilissima e le attività di competenza del quotidiano.

Altro punto fondamentale:
l’OSS non deve SOLO gestire disagi, conflitti ed emozioni negative di chi assiste, ma anche le sonno, incertezzaproprie incertezze e fragilità!

Bisogna non farsi inibire e mortificare dal vissuto al quale l’OSS partecipa, ma deve mostrarsi forte, ed ancora adopero il termine “empatico”, senza la compassione (condividere e partecipare al dolore altrui) che ci rende deboli e poco efficaci sul piano assistenziale e terapeutico.

Non difficile cadere nella sindrome da burn-out (dall’Ingl. bruciato, scoppiato, esaurito) da stress lavorativo (fenomeno squisitamente occupazionale), che nasce nell’ambito pratico della relazione d’aiuto, caratterizzata da disinteresse dei propri compiti, responsabilità e persone assistite, cinismo, impoverimento delle emozioni, agitazione o apatia, demotivazione e depersonalizzazione e senso di inadeguatezza delle proprie azioni, frequente soprattutto nelle professioni ad elevata implicazione relazionale come quella dell’OSS.
Non eccezionale “cadere” negli aiuti artificiali come alcol, cocaina e metanfetamina!

Concludo questo programma didattico che ci ha coinvolto per 10 giornate, con una riflessione:

quanta energia, pazienza e disponibilità caratterizzano la professione dell’OSS!

Accanto a problematiche cliniche e psicologiche dell’Assistito,
vi sono anche quelle familiari, emotive, economiche e sociali
nelle quali l’OSS deve saperle gestire con
esperienza, saggezza, EMPATIA e AMORE.

Tutti questi notevoli e frequenti disagi e conflitti permeano il nostro  ambiente lavorativo.

E mi raccomando:
equilibrio e forza anche nella gestione dei nostri problemi, emozioni e sentimenti.

Come vi HO detto alla mia prima lezione:
datemi la mano e andiamo avanti insieme…

ora vi dico:
avete gli elementi per camminare da soli…

Mi auguro che tra di noi rimanga un sentimento di cordialità e di condivisione professionale.

Auguri!

 

 

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