martedì , 19 Marzo 2024

La presa in carico del Paziente in ADI: il ruolo del Chirurgo Vascolare

Prof Alessandro Di Bartolomeo
Prof Alessandro Di Bartolomeo

La presa in carico del Paziente in ADI: il ruolo del  Chirurgo Vascolare.

Mi fa piacere iniziare questo argomento, parallelo ma non sovrapponibile a quelle delle LDD (Lesioni Da Decubito) con un ricordo del mio grande Maestro Prof. Alessandro Di Bartolomeo.
Sembra un incipit da fuori tema, ma non lo é, per il messaggio finale.
Mi trovo felicemente adottato dall’Abruzzo perchè
per fortuna, dall’asilo alla maturità scientifica ho sempre studiato la lingua Francese ed ancora
per fortuna all’Università ho capito che la lingua Inglese era quella che mi offriva di studiare testi americani di gran lunga più validi, moderni e d’avanguardia nell’ambito delle materie di studio, soprattutto di quelle chirurgiche, tipo “Textbook of Surgery”, Davis & Christopher, Sabiston (!), ancora Sabiston  per “Essential of Surgery,  e la Semeiotica Chirurgica di Bailey, ma anche Fisiologia, Ganong ed altri.
Per fortuna mi sono messo in testa di studiare l’Inglese, in casa con mia Zia e mia Sorella, alla TV pomeridiana (Walter and Connie), al Cinema “Pasquino” di Trastevere con film in lingua e sottotitoli, amici e colleghi americani dell’università e
per fortuna ai Convegni di Medicina stranieri in Inglese con cuffie per la traduzione che non adoperavo. Era il febbraio del 1972, Sala enorme, faraonica, Hotel Hilton di Roma: Summit per la chirurgia vascolare, per me, al III° anno, oscura.
Per fortuna, poco dopo l’inizio del Convegno, io concentratissimo con il Dizionario Mondadori, quadernone e biro in mano, si siede vicino a me, con tante poltrone libere intorno (!), un uomo grande, elegante, un po’ sbuffante, con un gradevole profumo di lavanda inglese. Dopo un po’, sottovoce mi dice:
“buon giorno, giovane, sono un chirurgo di campagna, abruzzese”.
e subito dopo:
“Scusa la mia domanda, ma perchè non indossi le cuffie della traduzione?”
Ed io:
“perchè voglio studiare l’Inglese che ritengo una lingua importante in Medicina; a scuola ho sempre

Ristorante Ranieri in Roma (1843-1999)

studiato il Francese, purtroppo… E mi piace la chirurgia”.
“Bravo”
la sua risposta.
“Dove mangi oggi…?”
Per fortuna quell’uomo grande, semplice e gentile era il Prof. Alessandro Di Bartolomeo! Mangiammo insieme a Roma, in Via Mario de’ Fiori, più volte e quell’estate anche a Lanciano, dove fui da lui invitato a frequentare il Suo Reparto. Un giorno si ricoverò un signore relativamente giovane per le condizioni severe nelle quali si presentava, demente e con piaghe da decubito sacrali e calcaneari fetide cose che all’Università non avevo mai visto. Il Prof. mi disse:
“Vedrai come i miei Medici e Infermieri medicheranno bene quest’uomo, fratello di un prezioso Collega del circondario, ma caro Stefano, questo mio amico vivrà solo se la moglie riuscirà a metterlo seduto e a farlo mangiare e bere bene!!!
Queste parole mi sono rimaste nel cervello, fino ad oggi, e nel mio lavoro ospedaliero ed ora in SGS-La Rondine, ho sempre cercato di dare consigli concreti sul discorso della strategia nutrizionale.
Grazie Prof.!!!

Inizio ora la relazione.
Momento fondamentale è la collaborazione e la condivisione con il MMG, per la necessità di conoscere le problematiche e le criticità del Paziente.
Quando guardo un’ulcera, un’ischemia o una LDD, cosa vedo?
…vedo un Paziente con un’ulcera, o una lesione ischemica o una LDD, per le quali i fattori prioritari del problema clinico sono:

gangrena secca e umida-trombosi a. poplitea
gangrena secca e umida: trombosi a. poplitea dx

la personalità e l’affidabilità del care-giver, la compliance del Paziente, valutando i grandi nemici che sono l’iporessia e la disfagia, la demenza e quindi l’apporto nutrizionale.
Tra gli esami di laboratorio, oltre lo standard, fondamentali sono gli esami nutrizionali: l’E.F. proteica, proteine totali ed albuminemia.

Ricordo ora la glicolisi aerobica, formula che ci consente di vivere fisiologicamente e che spessissimo, se patologica, è causa di morte:
GIK + HbO2 = H2O +  HbCO2 + ATP (E)
Nella formula compare il complesso GIK (Glucosio-Insulina-Potassio). Se iperglicemia avremo a dx > dell’acqua soprattutto come edema cerebrale ed > della CO2, l’ipercapnia, con danni metabolici da acidosi metabolica. Stesso discorso se > l’O2, come in una sconsiderata ossigenoterapia troppo intensa, come spesso si vede (!), con edema e acidosi respiratoria. Quando < la glicemia si riduce la resa energetica dell’ATP (E) con rischio di morte per coma ipoglicemico. Stesso pericolo per l’possiemia le cui origini sono qui sotto schematicamente enunciate:

ipossica (sistemica)     —->

anemica (sistemica)                    —->

IPOSSIA    ischemica (sist. e loco-reg.le)   ———->   IPOSSIEMIA
stagnante (sist. e loco-reg.le)    —->

istotossica (sistemica)  —->
(veleni e HbA1c)

Con l’ipossiemia, Il deficit di ossigeno non produrrà dal G acqua ed anidride carbonica, ma poca E e 2 molecole di acido lattico,
cioè:  GIK + <<HbO2 = 2(C3H6O3) + <<ATP(E)
molecola altamente algogena, responsabile del dolore ischemico (angina pectoris e claudicatio ad esempio) e quindi della necrosi, cioè della  morte cellulare e del tessuto connettivale (infarto), che viene sostituito da tessuto sclero-cicatriziale con relativa perdita della morfologia e della funzione specifica.
La bassa resa energetica giustifica pertanto: dolore precordiale, affanno, astenia, tachicardia, ipotensione, sudorazione, ansia e talora purtroppo la morte.

Diagnosi del problema vascolare: anamnesi, E. O., documentazioni cliniche presenti, condivisione con il MMG, ossimetria dito mano e periferica, doppler, capillaroscopia, studi radiologici invasivi, a seconda delle problematiche.
Eziologia: a) idiopatica; b)traumatica; c) arteriosa: centrale (da sindrome da bassa gittata),
periferica (placche aterosclerotiche, trombi, emboli, vasospasmo, macro-arteriopatie ed arterioliti congenite, acquisite ed autoimmuni); unico esempio di edema da stasi venosa per problemi arteriosi è quello dell’arto malato tenuto dal Paziente declive fuori dal letto per consentire il massimo assorbimento di ossigeno e < così il dolore ischemico;
d) venosa: centrale (cuore polmonare cronico) con edemi diffusi e fegato da stasi, periferica: TVP con edemi distali, da stasi per non uso, postumi neurologici e ortopedici, da varici complicate, da traumi pregressi;
e) linfatica con edemi: congenita-costituzionale, per patologia acquisita (neoplastica, traumatica, post-flebotrombotica, post-chirurgica, infettiva);
f) ipoalbuminemia con edemi: da sindrome nefrosica, malnutrizione, epatopatie;
g) del microcircolo: diabete mellito, vasculopatie (arterioliti) congenite ed autoimmuni, morbo di Bürger (tromboangioite obliterante).

La terapia delle lesioni.
Per le forme sistemiche cardiologiche, metaboliche e nutrizionali ci si confronta con le competenze degli Specialisti: Cardiologo, Fisiatra, Diabetologo, Internista – Geriatra, Nutrizionista, Nefrologo, Infettivologo ed a livello locale c’è il compito del Chirurgo (sbrigliamento o debridement e toletta del materiale necrotico spesso infetto, apertura e drenaggio di eventuali sottominazioni e sacche) e la medicazione del Personale Infermieristico specializzato, il tutto finalizzato anche al controllo delle grandi perdite di siero. In casi selezionati si invia il Paziente al Chirugo Plastico per autoinnesti o lembi.
Per le forme arteriopatiche localizzate si valuta l’eventualità di un intervento chirurgico vascolare o di radiologia interventistica sui tronchi prossimali. Terapia medica sistemica. A livello locale: il compito del Chirurgo e dell’I.P.
Per le forme venose localizzate: terapia medica sistemica, contrastare l’edema da stasi mediante bendaggio elastocompressivo o gambaletto elastico, con postura adeguata di notte e di giorno, intervento chirurgico se varici primitive, attenzione invece a quelle secondarie a TVP (sindrome post-flebotrombotica). Spesso la legatura di comunicanti incontinenti al di sopra della lesione venosa risolve il quadro di distrofia e di ulcere da ipossia stagnante.
Anche per le forme linfatiche spesso in Pazienti obesi o sovrappeso, fondamentale è la terapia elastocompressiva e la FKT dopo il compito del Chirurgo e dell’I.P.
Per le forme idiopatiche la terapia è loco-regionale à la demande.

Charles McBurney in sala oper. al Roosevelt Hospital, 1901

A seconda della tipologia della diagnosi, le procedure terapeutiche chirurgiche possono essere risolte dal Chirurgo domiciliarmente, presso un “Ambulatorio dedicato al piede diabetico”, un Ambulatorio di Chirurgia Vascolare, Chirurgia Generale o Ortopedico ovvero nelle sale operatorie corrispondenti.

Il piede del diabetico è un piede a rischio di lesioni per la
glicazione delle proteine delle cellule dell’endotelio (disfunzione endoteliale) del microcircolo tissutale delle estremità inf. e dei vasa nervorum.
Il piede diabetico è invece già malato, portatore delle classiche
lesioni distali ischemiche, da stasi e necrotiche parcellari, spesso complicate da infezione, perché l’iperglicemia è amata dagli organismi microbici per la loro attività metabolica e la glicazione,

anche qui, delle fibre reticolari, elastiche e collagene del connettivo, le rende indebolite, anomale, con il classico ritardo della riparazione tissutale, del «campo di battaglia» della infiammazione e della cicatrizzazione post-traumatica e delle ferite chirurgiche.
Questa situazione richiede innanzitutto uno studio accurato dei macrovasi arteriosi per la «vis a tergo», compromessa spesso da malattia aterosclerotica aorto-iliaco-femorale, che se presente e severa, va trattata  dal Chirurgo vascolare ospedaliero.

Mi dedico ora un po’
             HbA1c              —>              HbA1cO2
emoglobina glicata          ossiemoglobina glicata

a questa complessa proteina-killer del microcircolo del Paz. diabetico che risulta essere irreversibile e quindi è presente in circolo per tutta la vita del globulo rosso, 120 gg. circa, ma che è anche meno compliante per la cessione dell’O2 ed il recupero della CO2 in periferia, con danni nutrizionali ed energetici. Utile ridare uno sguardo allo schema precedente dei nutrienti, ossigeno ed attività cellulare.

La glicazione o «dolcificazione» delle proteine delle cellule dell’endotelio si manifesta con attivazione piastrinica, trombo bianco e quindi rosso, ipossia stagnante e ischemica valutate anche con l’ossimetro in loco, trombosi, infezione, necrosi e gangrena.

Gold standard: glicemia < a 180 mg/dl

Sibilla delfica, Michelangelo (part.)

che è il valore soglia della capacità di  riassorbimento tubulare renale del glucosio ed è anche il valore per il quale, a grandi linee, inizia a formarsi l’Hb glicata.
Da qui la necessità di un accurato controllo glicemico.

Pertanto: angiopatia del microcircolo e neuropatia, con perdita delle sensibilità dolorifica e propriocettiva degli arti inferiori, favoriscono anomalie come: piede cavo, alluce valgo, dita ad artiglio e callosità plantari e quindi la comparsa di lesioni trofiche, ottimo status per le infezioni fungine da parassiti come dermatofiti (candida e tricofiti), lieviti e muffe di cute (epidermide e derma) e batteriche di sottocute, articolazioni, tendini e purtroppo del tessuto osseo.

Riflessioni ulteriori sul piede diabetico perchè, è febbraio 2021, e sto scrivendo quella che ritengo l’ultima lezione del corso OSS: Il Paziente CON piaghe da decubito, le LDD.
Il diabete mellito è un predittore significativo per l’esordio di una LDD del tallone durante l’ospedalizzazione, unitamente all’allettamento con immobilità ed alla arteriopatia periferica, patologia che richiede la massima attenzione perché può condurre ad un’amputazione di gamba spesso, ma anche di coscia.
Se ci troviamo davanti ad un’escara asciutta e stabile con l’associazione di una patologia locale ischemica, terapia conservativa ed accurato controllo glicemico, preferibilmente con insulina. Se la lesione dovesse complicarsi, a seconda delle condizioni locali e generali del Paziente si dovrà procedere a manovre complesse e delicate di toletta, spesso condivise con un Team multidisciplinare.
Alla base di ciò, la nota glicazione dell’Hb, istotossica, dell’endotelio del microcricolo con tendenza alla trombosi pluridistrettuale (secondo punto di Virchow) e delle fibre connettivali con le note ripercussioni negative sulla riparazione cicatriziale tissutale.
Il piede diabetico si definisce neuroischemico e io ci aggiungo microangiopatico, e vediamo perché:
neuropatico, per patologia dei nervi periferici da glicazione dell’intima dei vasa nervorum con turbe prevalentemente deficitarie della sensibilità tattile, termica e propriocettiva cioè di pressione/postura distale. Per quanto riguarda il dolore, può essere deficitario o esacerbato, ma spesso dipende dalla associata arteriopatia ostruttiva dei vasi di gamba.
Ecco il secondo aggettivo:
ischemico, con ipossia ischemica da deficit, come sapete ormai da mesi, di apporto di sangue arterioso per arteriosclerosi del vaso popliteo e delle sue tre diramazioni: tibiale ant., tibiale post. e peroneale, interossea della fibula.
A ciò si aggiunge il terzo elemento negativo: la suddetta
microangiopatia da glicazione delle cellule dell’endotelio del microcircolo con microtrombosi multiple, e il quarto:
l’umidità eventuale, non rara, ideale per i miceti ed il quinto fattore deleterio, ovvio:
presente una lesione, l’iperglicemia, tanto amata dai batteri, ne favorisce la penetrazione e colonizzazione, con infezione progressiva e rischio di osteomielite con necessità talora obbligata, di amputazione à la demande.
Ritorno sulla glicazione delle fibre elastiche, collagene e reticolari del connettivo, che le rende sede di infiammazione (fonte) con produzione di citochine (conosciute in epoca Covid-19) e alterazione di lipidi e proteine cellulari. Ecco che i fibroblasti perdono la contrattilità e la funzione principale di rigenerazione del derma secernendo un eccesso infiammatorio di enzimi che distruggono il collagene e la matrice extracellulare: i tessuti perdono così stabilità, elasticità e compattezza, matrice extracellulare e la reattività fisiologica di equilibrio fra rigenerazione e distruzione. Da qui ritardo del tempo di guarigione delle varie tipologie di lesioni con grande festa per i batteri, mentre in superficie, sull’avampiede, meglio se umido, si organizzano i miceti, già detto prima, ma importante per i miei Allievi.
Anche i cheratinociti, le cellule principali della cute, subiscono la glicazione del derma, con stimolazione infiammatoria della deleteria attività proteolitica, ritardo della mitosi per inadeguatezza del metabolismo fisiologico, e di conseguenza dell’evoluzione superficiale in cellule spinose e granulose con la loro progressiva cheratinizzazione: ciò determina debolezza, senescenza e fragilità per deficit di protezione dell’epidermide.
Non voglio parlare del problema estetico, anche se spesso il viso del diabetico obeso, normale o magro presenta palpebre, solco naso-geneieno, guance e platisma cadenti con uno sguardo, per l’ipovisione, piuttosto caratteristici. Il tutto più evidente se si associano problemi di tabagismo (vasocostrizione del già sofferente microcircolo da nicotina e lesione endoteliale da monossido di carbonio) o propensione all’alcol, che ricordo favorisce accumulo di trigliceridi e danneggia il trofismo generale.

La terapia medica fondamentale è causale, con l’indicazione di shiftare, anche temporaneamente, alla insulinoterapia, per la sua nota funzione anabolizzante.

La terapia chirurgica è “à la demande”, cercando di ottenere i migliori risultati con il minimo di

uomo battaglia di Anghiari, Leonardo 1503 (S.G. 1967)

ablazione chirurgica, con il grande obiettivo di capire se è possibile mantenere l’appoggio del calcagno!.
Vediamone gli argomenti.
-) Il problema dei monconi di amputazione dell’arto inferiore. Il Chirurgo vascolare non ha ruolo per quelli degli arti superiori, se non incidentalmente come problema di impostazione diagnostica.
Sedi del moncone di amputazione che possono richiedere un reintervento demolitivo oppure di revisione: III° inf. di coscia, III° sup. di gamba, amputazione completa del piede con rimozione di malleolo tibiale e perone (amputazione di Syme), X piede prossimale (disarticolazione di Chopart pre-calcaneare), X avampiede in toto (metatarsale di Lisfranc), X trans-metatarsale (asportazione della testa del metatarso), amputazione di dito, parziale di dito (falange). Questi interventi in realtà di pertinenza dell’Ortopedico, erano eseguiti dal nostro Primario, e quindi dai suoi allievi, di routine per questi Pazienti.
-) Reintervento demolitivo, se:
necrosi con superinfezione,
dolore incontrollabile,
infezione pericolosa per la vita: ampi ascessi di gamba o piede, artrite settica, fasciite necrotizzante, presenza di una o più
ulcere con potenziale di guarigione insufficiente, dopo un trauma irreparabile con sfacelo dei tessuti.
-) Reintervento di revisione chirurgica se:
il dimagramento del paziente, per coscia e polpaccio,  può comportare perdita di massa muscolare distrettuale con eventualità di decubito con ulcera del moncone osseo, che va ridotto;
la sutura fasciale con chiusura del compartimento muscolare può essere deiscente, interessando spesso, anche tardivamente, quella cutanea, con tempi estremamente variabili e per vari motivi: ematoma e/o sieroma che richiedono agocentesi evacuative urgentissime,
zone di flogosi subacute o infezioni localizzate non responsive ai trattamenti appropriati: rischio di protrusione del cono di pressione del moncone muscolare.
-) Qui è da valutare la risutura o altre procedure più complesse:
ulcere trofiche in prossimità delle linee di sutura possono essere espressione di progressione ulteriore della ischemia loco-regionale o di trauma contusivo accidentale o da protesi non più congrua;
dolore da neurinoma del moncone dello sciatico, per lo più.

gangrena secca e umida piede sin
gangrena secca e umida piede sin (foto ddg)

Ruolo dell’alcool al 90%. Amatissimo in passato, ora trova pochi sostenitori, come il sottoscritto. Quando la lesione del Paziente è mal controllata per necrosi e presenza o rischio di infezione, ovvero il rischio Anestesiologico è severo, in alternativa alla demolizione chirurgica si opta per gli impacchi di alcool che disidratano i tessuti, coagulano la componente proteica e si oppongono alla crescita di microbi. Il mio Maestro diceva:
“usare l’alcool è un’alternativa temporanea all’amputazione che si presenta a rischio in Pazienti fragili”.

Un fuori tema, brevissimo, per nostalgia della sala operatoria.
Valutiamo le riflessioni da fare se il Paziente ha un programma chirurgico.
Periodo
perioperatorio, allontanandomi per un attimo dalle competenze ADI, con un bel po’ di nostalgia della sala operatoria: cartella clinica e consenso informato in ordine;
profilassi anti-tromboembolica con eparina frazionata s.c.;
calze antitrombo;
evitare conflitti e disagi nel Paziente anziano psicologicamente fragile per la frequente dissociazione mentale con delirio lucido;
mobilizzazione precoce e profilassi delle LDD (!!!);
rimozione catetere vescicale precoce, se possibile;
ginnastica respiratoria per pulizia dei bronchi e buona ossigenazione ad azione favorente il ritorno venoso al cuore dx;
eventuale correzione dell’anemizzazione;
adeguato apporto nutrizionale prevalentemente proteico;
sostegno psicologico nei fragili; eventuale
FKT post-operatoria: in struttura o domiciliare?

Le complicanze post-operatorie più temibili sono:
l’embolia polmonare, nei casi di amputazione estesa;
l’infarto del miocardio, nel Paziente con fibrillazione atriale cronica e l’ictus ischemico da embolia,
le infezioni urinarie e respiratorie.

 

 

Nel maggio del 1975 il Direttore di Cattedra della II° Clinica Medica dell’Università la Sapienza di Roma, Prof. Alessandro Beretta Anguissola, mi fece l’ultima domanda per la «lode»:
«Quando un Paziente diabetico e cardiopatico con scompenso dx ha edema da stasi solo all’arto inferiore sin.?»

disarticolazione arto inf. dx (Testut e Jacob, 1908)
disarticolazione arto inf. dx (Testut e Jacob, 1908)

… presi 30 e lode!

Cerchiamo di lavorare tutti con tanta  Professionalità e un pizzico d’Amore.

 

 

 

 

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