venerdì , 29 Marzo 2024

Avvenire della Bellezza: il pensiero del Prof. Bernardo Razzotti

bernardo razzotti 2Anche a non voler accettare una prospettiva che situi e spieghi l’arte come evasione dal reale della quotidianità, è certo che essa ha sempre assolto a un ruolo primario di disintossicatrice dei veleni e dei torpori conformistici, di dilatatrice del respiro abitudinario, di reintegratrice delle energie vitali depotenziate dall’usura dell’empiria. Proviamo ora a guardare in faccia questo nostro tempo.

Non è difficile prevedere che da un lato assisteremo sempre più a una pressante sollecitazione ad un’arte che appaghi la fretta e la volontà di distrazione di una umanità sempre più logorata nelle sue disponibilità contemplative, tentata di rispondere a sollecitazioni sensoriali facili ed immediate e che, dall’altro, si avvertiranno i segni della nostalgia per un’arte in grado di colmare il vuoto di un’esistenza impoverita e semplificata sino all’aridità con la pienezza della rivelazione di tutti i doni che hanno rese umane le grandi stagioni della speculazione e della creazione disinteressate dello spirito.

Uomo di Vitruvio di Leonardo da Vinci, ca. 1490
L’Uomo di Vitruvio, Leonardo da Vinci (ca.1490)

Ci si prospetta, quindi, un conflitto profondo per la coabitazione della bellezza in una civiltà sviluppatesi sotto l’insegna dell’«utile» e dell’«economico». Da un lato la tentazione di espungerla come oziosa dalla «polis» d’acciaio e di cemento o di assegnarle il ruolo parassitario dello schiavo che allenta la stanchezza e distrae la noia dei tecnici e degli operai e dall’altro, la fatalità in tanto opprimere di forze soverchianti, di ripensare al suo destino di custode dei grandi orizzonti dell’anima, di coscienza severa delle responsabilità supreme dell’uomo.

Si potrà obiettare che in ogni tempo l’arte si è presentata con un duplice volto, quello che lusingava l’uomo accettandolo nella sua realtà quotidiana più dimessa e quello che lo richiamava al suo superiore destino di rumicatore di concetti e di persecutore di fantasmi di bellezza. Ebbene, la convivenza di questi due volti sarà sempre più drammatica; la difficoltà a salvarsi, a vivere incontaminato per il secondo, che è poi l’unico vero, sempre più complessa per l’invadenza del primo, l’adulatore degli istinti, il codificatore dell’orizzontalità societaria.
Il che equivale al dire che la «bellezza» sarà sempre meno facilmente attingibile ma sempre più necessaria.

Un altro fattore che giocherà sempre di più negativamente nel rapporto creazione-consumo estetico sarà il progressivo trasferirsi della meraviglia del piano dell’arte a quello della scienza che tenderà a surrogare sempre più con le sue offerte prestigiose il tradizionale dono di sogno proprio dell’arte. Mentre finora possiamo dire che l’arte abbia pressoché monopolizzato il regno dell’avventura e offerto all’uomo le droghe indispensabili alle visioni, ecco che la scienza la sta mettendo in crisi offrendo alle creature occasioni ed incentivi a stupori e evasioni cosmiche dinnanzi alle quali la

universo primordiale
Universo primordiale

fantasia poetica si trova imbarazzata ad escogitare di più e di meglio per l’evasione umana. Anche sotto questo punto di vista l’arte non ricaverà alcun profitto ad impegnarsi concorrenzialmente bensì, se non vorrà essere stoltamente succube – vedi letteratura e cinematografia di fantascienza – dovrà recuperare quel mondo che è unicamente suo, la meraviglia della creatura scandagliata nei suoi infiniti ed incommensurabili abissi.

Inoltre peserà sull’avvenire dell’arte la progressiva dilatazione dell’orizzonte delle conoscenze umane e sotto l’aspetto

temporale e sotto l’aspetto geografico. Il processo di universalizzazione che la vita umana sta subendo (impiego questo verbo in quanto ancora si tratta più di un processo involontario e inconsueto che regolato e partecipato) non può non riflettersi sulla cultura e fin sulla creazione: quante Civiltà abbiamo dissepolto in questi decenni, con quanto ignoti capolavori di Genti finora pressoché favolose non siamo giunti in contatto, quali illuminazioni critiche, fisiologiche, non ci hanno riscoperto, riattualizzato il nostro passato.

immagine da oece.it
immagine da oece.it

Man mano che le tenebre retrocedono sui regni dell’ignoto, la «bellezza» ci assale dalla penombra delle riscoperte e l’invenzione, la creazione se ne trovano condizionate.
Pensiamo cosa hanno voluto dire la conoscenza delle stampe giapponesi per le origini dell’«impressionismo» e quella delle maschere e dei feticci africani ed oceanici per quelle del «cubismo», due semplici paragrafi di una rete più fitta ed intricata di influenze, che danno all’arte una responsabilità di assimilazione più pesante e, soprattutto ridicolizzano ogni ristagnamento provinciale, ogni orgoglio nazionalistico.
Se sempre per l’arte è sussistito il problema di affermare l’originalità attraverso la dialettica delle costanti etniche, delle trasmesse tradizioni e l’acquisizione dell’inedito culturale, la dilatazione sulle offerte del tempo, per l’avvenire il ritmo di questa dialettica si farà sempre più difficoltoso: le energie vitali che verranno ineluttabilmente convogliate da tutte le direzioni dello spazio e del tempo renderanno esplosivo ogni germe di poesia incubante nella preistoria dell’opera.

L’arte, cioè, sarà impegnata a distinguere con maggiore rigore di quello che oggi non si renda necessario, le tradizioni vere che per le radici si ricollegano all’humus generale di una data civiltà delle pseudotradizioni che non sono che cristallizzazioni d’infermità e d’accidia. L’arte dovrà dilatare il suo respiro all’orizzonte delle svelate possibilità d’invenzione sperimentate dallo spirito, non per vano tirannismo ma per irrefrenabile amore alla sua storia.

Ancorché le macchine abbiano di già reso edotto l’uomo dei pericoli e degli equivoci cui si espone a non controllarle, è facile prevedere che non cesseranno le tentazioni loro sull’uomo. Anche sotto il profilo della «bellezza».

Caravaggio: Narciso del 1597-1599 (?)
Caravaggio: Narciso del 1597-1599 (?)

La cresciuta perfezione tecnica per la macchina o un oggetto o un edificio – e qui sfioriamo il grande equivoco dell’architettura così detta funzionale o razionale – acquisiscono conformità perfetta, al fine pratico per cui sono stati creati, può ingenerare l’illusione della Bellezza e di questa già molti si appagano sì da essere di ogni altra non più ricercatori.
La bellezza della macchina, dell’utensile, dell’edificio utilitaristicamente riguardato, è una realtà ma non appartiene al regno dell’arte perché è frutto di mera intelligenza, non ci svela nulla dell’anima di chi l’ha creata, deperisce con il gusto che l’ha provocata dopo essersi ripetuta tante volte quante ne hanno sollecitate l’esigenza industriale e commerciale.

L’opera d’arte per contro, sia essa l’edificio gigante o la più minuscola delle ornamentazioni, riceve il suo significato dal soffio umano di cui conserva l’impronta, dall’unità spirituale – quello che si dice stile – di cui è il segno concreto.
La macchina non cesserà di proporsi quale schema di nuda e perfetta razionalità tentando di annettere a questa la bellezza ma all’arte spetterà di confermare con la sua distinzione che la «bellezza» eccede la razionalità perché ogni opera esteticamente risolta ha un’anima di cui la razionalità è solo una delle componenti.

La distanza che sussiste fra l’utilità e la bellezza ci è segnata da questo spontaneo trasporto dell’animo: la prima si loda, la seconda si ama.
E la storia di una semplice parola ci dice la gravità del tralignamento che nasce dalla confusione dei due termini: «conforto» suonò originariamente come «consolazione» (e «confortatore» fu epiteto dello Spirito Santo), poi deviò a benessere e, infine al presente, in tutte le lingue, non designa più che la comodità razionale.
Questa potrà moltiplicarsi all’infinito senza distillare una goccia sola dei valori che confortano lo spirito dell’uomo.

L’avvenire della Bellezza, secondo quanto è stato qui detto, è a mio giudizio, anche una risposta possibile all’asserto di Dostoevskij:
la bellezza salverà il mondo

 

Bernardo Razzotti

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3 commenti

  1. Grazie infinite, carissimo Bernardo, per questo tuo splendido, dotto ed inedito contributo a questo argomento che tanto mi sta a cuore.
    Associando il significato della “bellezza” al “giusto” all'”etico”, sicuramente sì, il desiderio e l’attuazione della “bellezza” riuscirànno a migliorarci ed a “salvarci”. Un abbraccio fraterno, Stefano-ddg.

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