venerdì , 19 Aprile 2024

Problemi etici di fine vita

Per un corso ECM presso l’Hospice Albachiara di Lanciano, invitato dal Responasabile Dr. Pier Paolo Carinci,

Alba, foto di Lorenzo Mazzola

ho preparato una relazione su tale argomento che desidero pubblicare sul mio blog. E’ uno studio sui termini e significati relativi al complesso problema del  Paziente terminale.
Un po’ di storia…

Francis Bacon (1561 – Londra – 1626) così scrive nel 1623:
« Io penso che l’ufficio del medico non sia soltanto quello di ristabilire la salute, ma anche quello di mitigare i dolori e le sofferenze causate dalla malattia; e non solo quando ciò, come eliminazione di un sintomo pericoloso, può giovare a condurre alla guarigione, ma anche quando, perdutasi ogni speranza di guarigione, tale mitigazione serve soltanto per rendere la morte facile e serena. Ma ai nostri tempi i medici si fanno una sorta di religione nel non far nulla quando hanno dato il paziente per spacciato; mentre, a mio giudizio, se non vogliono mancare al loro ufficio e quindi all’umanità, dovrebbero acquisire l’abilità di aiutare imorenti a congedarsi dal mondo in modo più dolce e quieto e praticarla con diligenza».

Oggi un numero in continuo crescendo di persone in età avanzata affronta nella solitudine e senza la necessaria assistenza le sofferenze conseguenti a malattie di natura neoplastica, degenerativa e cardiocircolatoria nella fase finale della vita”.
(Rita Levi Montalcini, oltre 20 anni fà).

Non tutte le malattie conoscono terapie efficaci ma tutti i malati possono essere curati”.
(Prof. Francesco D’Agostino, Bioetica, Torino, 1996).

Ed ora i punti cardine.

Costituzione della Repubblica Italiana del 1948, Art. 13.
La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se
non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. (…omissis)

Idem Art. 32:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

L’articolo 32 della Costituzione lascia libero il Malato di accettare o di rifiutare le terapie e, in generale, gli interventi medici che gli vengono proposti (diritto alla autodeterminazione o autonomia individuale). Il presupposto indispensabile per una scelta autonoma e consapevole è il diritto del malato ad essere correttamente informato sulla diagnosi, sulla futura evoluzione della malattia, sulle possibili alternative diagnostiche e terapeutiche e sui loro costi e benefici (principio del consenso informato).

Codice Dentologico dei Medici 2006, art. 35.
In presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona.

Codice Deontologico dei Medici Art. 37.
In caso di malattia a prognosi sicuramente infausta o pervenuta alla fase terminale,  “il medico deve mettere in pratica una terapia atta a risparmiare al Paziente inutili sofferenze, fornendo al Malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità della vita”.

 Consiglio d’Europa, Convenzione sui diritti umani e la Biomedicina (aprile ’97): ha ribadito che il Malato ha diritto ad essere informato ed a scegliere in piena autonomia gli interventi che lo riguardano. La libertà di scegliere le cure, infatti, fa parte delle libertà fondamentali garantite a tutte le persone dall’articolo 13 della Costituzione.
Tale libertà, peraltro, se da una parte esprime il diritto del soggetto di scegliere se e come curarsi, dall’altra non può estendersi fino alla pretesa di ricevere dal medico qualunque trattamento, anche di efficacia non comprovata e quest’ultimo non deve avere un atteggiamento paternalistico, eticamente scorretto, con la complicità dei familiari che desiderano gestire la situazione non informando il congiunto.

David Kirby, Paziente terminale di AIDS. (Benetton advertisement).

FOCUS: ELEMENTI.
Malato terminale: Paziente in uno stadio di una qualunque malattia che faccia prevedere inevitabile la morte (prossima) nonostante gli interventi terapeutici adeguati (Puccini, 1999).

Testamento biologico (T.B.) o Pianificazione (o volontà o dichiarazione o disposizioni) Anticipata/e delle Cure (PAC) o Dichiarazioni o Disposizioni anticipate di Trattamento (DAT) o Advance Cure Planning (ACP) o Living Will ed il Consenso Informato.
Si tratta di un documento firmato che consente al Paziente di dare disposizioni anticipate, in presenza dei curanti, familiari o persone a lui care, nel caso di una malattia terminale o in fase avanzata o inguaribile (coma irreversibile) o invalidante che renda incapaci di comunicare ed esprimere la propria volontà. Ad esempio nel caso in cui ci si immagini nel futuro in uno stato vegetativo persistente. Da questo documento è possibile trarre le disposizioni in merito al consenso o al rifiuto dei trattamenti medici, anche quelli “salvavita”, e quindi dichiarare in modo preciso le proprie convinzioni in merito alle ultime fasi della propria esistenza.

Il rifiuto al trattamento o negazione di consenso è in stretta relazione con l’espressione delle Volontà anticipate o testamento biologico.

Codice di Deontologia Medica (1998), Art. 32 – Acquisizione del consenso.
Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del Paziente.

Accanimento terapeutico.
E’ un prolungamento della vita fisica non appropriato per la dignità della persona (Comitato Nazionale di Bioetica). Nella prospettiva bioetica, quello di “accanimento terapeutico” è un concetto soggettivo. Infatti la sua definizione è relativa al soggetto che la esprime. Dal punto di vista medico, con questa terminologia si intendono indicare quei trattamenti sproporzionati ed inutili rispetto al quadro clinico del Paziente. Nel nostro Paese esso traduce il più felice anglosassone futility, nel quale non si incorre nell’ambiguità dell’ossimoro, come invece accade con il termine italiano.
Codice di Deontologia Medica (1998)
Art. 14, Accanimento terapeutico.
Il medico deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del Malato e/o un miglioramento della qualità di vita.

 Sospensione delle cure, ovvero l’Interruzione dei Trattamenti Sanitari o Desistenza Terapeutica (DT) o Limitazione-Arresto delle Terapie (LAT) viene data nello stato vegetativo permanente (concetto di vita biologica) all’ordine del Paziente di non rianimare, ovvero il noto Do Not Resuscitate (DNR) Order, nel caso di Witholding (rifiuto di intraprendere le terapie) o di Withdrawing (sospensione delle cure).
La LAT con decesso sono il 90% negli USA, l’80% in Canada, l’85% in Inghilterra, il 50% in Francia, il 34% in Spagna e solo l’8% in Italia (2012). La LAT non è contemplata nel nostro Codice Penale.
Il Codice di Etica e Deontologia Medica del 1999 della OMC stabilisce la correttezza deontologica della pratica di desistenza terapeutica e

la Chiesa Cattolica così lo ha espresso nel Catechismo all’Art. 2278:
“L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal Paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del Paziente”.

 Sedazione terminale: si attua con dosaggio tale da provocare il sonno e non la morte, e quindi non rientra nei canoni dell’eutanasia. Nel 2004 il GdS della SIN, ha definito tale procedura, appropriata.

Eutanasia  (ευθανασία: buona morte).
L’eutanasia è attiva diretta (mercy killing o uccisione per misericordia) quando il decesso è provocato tramite la somministrazione di farmaci che inducono la morte (per esempio sostanze tossiche).
L’eutanasia è attiva indiretta quando l’impiego di mezzi per alleviare la sofferenza (per esempio: l’uso di morfina) causa, come effetto secondario, la diminuzione di tempi di vita, ciò è simile al concetto di sedazione terminale.
L’eutanasia è passiva (volontaria per consenso espresso o non volontaria per consenso che non può essere espresso) quando provocata dall’interruzione o l’omissione di un trattamento medico necessario alla sopravvivenza dell’individuo.
L’eutanasia è detta volontaria quando segue la richiesta esplicita del soggetto, espressa essendo in grado di intendere e di volere oppure mediante il cosiddetto testamento biologico.
L’eutanasia è detta non-volontaria nei casi in cui non sia il soggetto stesso ad esprimere tale volontà ma un soggetto terzo designato (come nei casi di eutanasia infantile o nei casi di disabilità mentale).

L’eutanasia è un atto diretto con relazione causa-effetto, unico ed immediato del medico a provocare la morte del Paziente sotto sua esplicita volontà. Ovunque la questione dell’eutanasia è percepita come delicata e bisognosa di estrema attenzione nella scelta della terminologia, dei modi e dei contesti adatti a trattarla. Ed in particolare, nel nostro Paese esiste una certa diffidenza verso linee di demarcazione chiare finalizzate ad appoggiare il diritto alla buona morte. Tuttavia, i casi di Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli (caso particolare di sciopero della fame e sete), Eluana Englaro hanno dimostrato l’inadeguatezza di certa legislazione italiana, dando vita anche qui ad un’ondata di reazioni tale da creare un dibattito senza precedenti in merito alla liceità e al valore legale del testamento biologico in riferimento non solo all’interruzione dei trattamenti sanitari, ma appunto anche all’eutanasia (fonte).
Questa situazione rientra nell’ambito di tre ipotesi di reato:
omicidio del consenziente (art. 579 c.p.),
omicidio volontario (art. 575 c.p.),
istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.).

Suicidio medico-assistito (SMA) o aid-in-dying o anche physician-assisted suicide. Nell’ambito dell’eutanasia, il professionista si limita a mettere a disposizione del Paziente gli strumenti atti a provocarne la morte, così auto-procurata.

Suicidio assistito. Si effettua a Zurigo nella Svizzera tedesca, la nazione più permissiva. Esempio eclatante quello di Lucio Magri, morto a 79 anni nel novembre 2011 per una profonda depressione. Anche in Olanda, Lussemburgo e Belgio esiste tale eventualità, ma per “male incurabile”; negli USA solo in Oregon, Montana e Washington ed infine in Columbia.

Il Comitato per l’etica di fine vita (CEF), in precedenza denominato “Comitato etico presso la Fondazione Floriani”, è stato costituito nel 1991 per iniziativa di un gruppo di Clinici e di Studiosi di altre discipline persuasi della necessità di trovare risposte adeguate alle domande di assistenza provenienti dalla vasta e sempre crescente popolazione di malati affetti da patologie evolutive a prognosi infausta, specializzandosi nello specifico settore delle questioni etico-giuridiche sollevate dalla cura dei malati terminali e dalle decisioni cliniche alla fine della vita.
Inoltre, sono stati elaborati vari documenti, tra i quali i Presupposti etici in medicina palliativa (fonte) e la Carta dei diritti dei morenti, del 1999 (vedi più avanti).

Il primo dicembre del 2005 il CEF ha presentato la Carta delle volontà anticipate, documento, in rapporto di continuità con la Carta dei diritti dei morenti, che rappresenta il contributo di riflessione del CEF al dibattito oggi in corso sulle direttive anticipate di trattamento, anche in vista della regolazione per via legislativa della materia.

Questa è la Carta dei diritti dei morenti per il Comitato Etico presso la Fondazione Floriani del 15 maggio 1997 secondo il concetto dell’eubiosia, cioè della vita con dignità:

essere considerato “persona” sino alla morte
essere informato sulle sue condizioni, se lo vuole
a non essere ingannato ed a ricevere risposte veritiere
a partecipare alle decisioni che lo riguardano ed al rispetto delle sue volontà
al sollievo del dolore e della sofferenza
a cure ed assistenza continue nell’ambiente desiderato
a non subire interventi che prolunghino il morire
ad esprimere le sue emozioni
all’aiuto psicologico ed al conforto spirituale secondo le sue convinzioni e la sua fede
alla vicinanza dei suoi cari
a non morire nell’isolamento e nella solitudine
a morire in pace e con dignità.

Ricordo i casi più emblematici di queste drammatiche situazioni:
Ramón San Pedro (1998),
Terry Schiavo (2005),
Piergiorgio Welby (2006).
Inmaculada Echevarría (2007),
Eluana Englaro (2009),
Lucio Magri (28.11.2011).

17 giugno 2013: sui giornali italiani ed europei si legge:
Amsterdam. L’Olanda legalizza l’eutanasia per i bambini nati con gravi malformazioni: è l’eutanasia infantile applicabile ai piccoli Pazienti di età inferiore ai 12 anni.

E’ la nuova proposta di legge, salvo opposizioni, che entrerà in vigore dal 2014 e che prevede che se un neonato nasce con problemi di salute così gravi da impedirgli di sopravvivere, il medico di famiglia che si occupa del caso può decidere di porre fine alla sua vita sotto il controllo delle autorità sanitarie.

Le finalità:
interrompere le sofferenze del Paziente destinato alla morte sicura e quelle dei suoi familiari,
ma anche e sicuramente tagliare un costo in tempi di grave recessione economica (!).

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