venerdì , 29 Marzo 2024

emorroidi: la clinica dell’esperto chirurgo, Dr. Vincenzo Casolino

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Dr. Vincenzo Casolino

Il trattamento e la cura delle emorroidi si perdono nella notte dei tempi.

Una scienza che ha subìto una profonda evoluzione nel tempo trasformandosi da arte empirica, praticata disinvoltamente fin dall’ inizio dello scorso secolo da barbieri e cerusici, ad applicazione tecnica di complesse innovazioni scientifiche. La tradizione storica traghetta ai nostri giorni la memoria di metodiche e credenze che sfociavano nella superstizione e stregoneria, come l’ utilizzo di infusi misteriosi fatti con olio, miele, antimonio, grasso di stambecco, farina di carruba e sali del nord. Dagli antichi “custodi dell’ano” egiziani, agli “orificialisti” dell’800, una tradizione medica che pur priva delle minime conoscenze anatomiche e fisiologiche, ha aperto la strada ad intuizioni chirurgiche di enorme portata. Convinzioni e riti che oggi al massimo ci farebbero sorridere. I monastici depositari della scienza medica che curavano le emorroidi sanguinanti con clisteri di vino, olio, uova sbattute cotte al vino, mentre una supposta fatta di allume e farina di orzo veniva introdotta nel canale anale; e gli artigiani depositari della tecnica chirurgica che praticavano una legatura serrata delle emorroidi alla base del gavocciolo attendendo che essiccasse e cadesse. Inquietante la descrizione della cauterizzazione in cui la massima attenzione è posta ad immobilizzare il malato che cerca la fuga! Questo il passato, e il presente?

Prima di affrontare il capitolo sulle tecniche chirurgiche è d’obbligo un accenno sull’ aspetto anatomico e fisiopatologico di questa malattia.

emorroidi I° grado, piano anale. Da Atlante Chirurgia, Calne R. e Pollard S.G.

ANATOMIA Le emorroidi interne sono cuscinetti di tessuto vascolare posti nella porzione superiore del canale anale; non rappresentano una condizione patologica poiché sono presenti alla nascita e non sono vere vene poiché vasi privi di tessuto muscolare. Si tratta di sinusoidi dall’aspetto cavernoso, ricoperti da mucosa anale, sostenuti posteriormente nella loro posizione da tessuto connettivo elastico e muscolare; sono sinusoidi pieni di sangue durante la defecazione e proteggono il canale anale da possibili danni, contribuendo al mantenimento della continenza fecale.

Quando sono danneggiati, il sanguinamento che ne deriva proviene da arteriole presinusoidali e questo spiega il colore del sangue rosso vivo. Le emorroidi esterne sono a carico del plesso emorroidario inferiore, sono sottocutanee, distali rispetto alle prime, a livello dell’ orifizio anale.

CLASSIFICAZIONE
La classificazione universalmente usata è quella di Goligher che divide le emorroidi in 4 gradi:
I° grado: semplici ectasie dei gavoccioli visibili solo con l’ esame anoscopico, sanguinanti ma non prolassate.
II° grado: emorroidi che prolassano all’esterno al culmine dello sforzo espulsivo durante la defecazione, ma che rientrano spontaneamente nel canale.
III° grado: prolassano all’ esterno in modo persistente e necessitano di una manovra manuale del paziente per il rientro nel canale anale.
IV° grado: emorroidi che una volta prolassate non si riesce più a ridurle nel canale anale ed esse si ritrovano costantemente allo scoperto a contatto con gli indumenti. Possono prolassare per un qualche sforzo come uno starnuto, colpo di tosse, il sollevamento di un peso o nel corso di una passeggiata.
Già da questa descrizione si evince che la malattia emorroidaria è dovuta alla rottura dei legamenti di sostegno delle emorroidi stesse, presenti tra la mucosa del canale anale e lo sfintere anale; in effetti la frammentazione del tessuto di sostegno, il legamento di Treitz, comporta un dislocamento distale della mucosa anale e del tessuto emorroidario, avvenendo così il prolasso. Se alla rottura del

prolasso rettale da Atlante Chirurgia, Calne R. e Pollard S.G.

legamento di Treitz si associa quella del legamento di Parks, ecco lo scivolamento distale anche dell’ ano, il prolasso è totale e non più riducibile.

SINTOMI
I segni ricorrenti di tale patologia sono il prurito, bruciore, dolore, sanguinamento, soiling (costante sensazione di bagnato degli indumenti intimi), tenesmo (sensazione di mancato svuotamento dell’alvo dopo evacuazione), comparsa di gavoccioli esterni, edema del plesso, trombosi, febbre.
La trombosi emorroidaria è caratterizzata da una tumefazione anale esterna improvvisa, molto dolorosa. Quasi sempre c’è l’ antecedente di uno sforzo addominale; è chiamata malattia del week end in quanto compare in persone che fanno vita sedentaria e durante il fine settimana compiono dei lavori, uno sport, giardinaggio, riparazioni domestiche. Si forma un coagulo sanguigno nello spazio sottocutaneo o sottomucoso, una tumefazione cioè violacea dura e dolente, a volte ulcerata e sanguinante; il paziente presenta difficoltà a sedersi e a camminare.
La congestione emorroidaria acuta è una complicanza frequente come evoluzione della sindrome emorroidaria; il quadro clinico è comune alla trombosi, comparsa brusca e dolorosa, ma non si osserva la presenza del coagulo bensì una massa arrossata ed edematosa.

TERAPIA
La terapia può essere medica e chirurgica in base alla gravità della patologia. Le forme non prolassanti acute ed episodiche sono di pertinenza medica. Lo stato infiammatorio porta ad un aumento della permeabilità vasale, allo sviluppo di edema interstiziale, a stasi ematica, stiramento e stimolo delle terminazioni nervose responsabili del prurito e dolore. Il processo è dovuto alla liberazione dei metaboliti dell’ acido arachidonico, delle prostaglandine, trombossani, leucotrieni, citochine, ossido nitrico, radicali liberi dell’ ossigeno. Il razionale della terapia medica si esplica con l’ utilizzo dei cortisonici, anestetici locali, farmaci ad attività antiedemigene, antinfiammatori per inibire gli enzimi chiave della cascata (ciclo ossigenasi e lipossigenasi) e con attività antiossidanti (scavenger nei confronti dei radicali liberi).

emorroidi prima dell’intervento

La terapia chirurgica invece ha subito notevoli variazioni evolutive nel tempo: tecniche demolitive-resettive basate sulla distruzione dei tessuti prolassati con legature strozzanti, taglienti, ferri arroventati, o più recentemente con freddo, laser, radiofrequenza, hanno riscosso il favore dei chirurghi proctologi di ogni tempo (meno quello dei pazienti). Solo un secolo fa è stata introdotta la tecnica di Milligan Morgan (1937) che ha finalmente inquadrato gli aspetti anatomici e fisiologici della malattia emorroidaria pur prevedendo la classica asportazione dei pacchetti emorroidari.

emorroidi dopo l’intervento secondo Longo

Analizzando i vantaggi, i limiti e gli svantaggi dei diversi metodi, si può tracciare il seguente schema:

1. Crioterapia, Scleroterapia, Fotocoagulazione, Legatura elastica.
Vantaggi: ambulatorialità, ripetitibilità, dolori e fastidi moderati.
Svantaggi: non radicalità, recidive frequenti.

2. Milligan Morgan, Laser, Ultracision (ultrasuoni), Ligasure (radiofrequenza).
Vantaggi: intenti radicali.
Svantaggi: frequenti e importanti complicanze, dolori, ripresa lenta.

3. Hal, Thd doppler (studio vascolare eco-doppler intra-operatorio per la ricerca della sede dei sinusoidi patologici).
Vantaggi: poche complicanze.
Svantaggi: non radicalità, recidive, indicazioni imprecise, assenza di studi, difficoltà tecniche e lunghi tempi operatori.

4. Tecnica di Longo.
Vantaggi: tutti i vantaggi precedenti.
Svantaggi: ancora da definire, pregiudizi, a volte urgency.

Un proctologo anglosassone intervistato su quale fosse la migliore tecnica chirurgica per ogni paziente da operare per emorroidi sanguinanti, aveva risposto che il suo criterio era: ” l’ingresso al mio studio privato”.

La scelta della migliore tecnica deve basarsi non solo sulla esperienza personale del chirurgo, ma soprattutto sulla evidenza scientifica della superiorità di un metodo rispetto all’ altro. Ultrasuoni, radiofrequenze, laser, rappresentano solo un ”modo nuovo di eseguire una tecnica vecchia”; quella cioè di Milligan Morgan. A metà degli anni ’90 emerge l’intuizione di Longo il quale sostiene che affinchè prolassino le emorroidi deve necessariamente prolassare il tessuto che è a monte, cioè il retto. La patologia emergente quindi diventa quella del prolasso rettale e non quella delle emorroidi che sono così un epifenomeno, un effetto del prolasso rettale. Volendo usare un paragone presentato in un forum ”se hai il naso raffreddato mica te lo fai asportare?”. La tecnica di Longo (PPH) consiste nell’asportazione di una corona di mucosa circolare prolassata che si trova al di sopra delle emorroidi; i plessi emorroidari non vengono asportati ma riposizionati nel canale anale dove erano in origine (lifting).

Questa tecnica ha accorpato i vantaggi di tutte le procedure precedentemente enunciate. Favorisce un’efficace soluzione per i sintomi della malattia di cui corregge immediatamente e in maniera duratura gli aspetti anatomici e funzionali, non lascia cicatrici cutanee, ha tempi di degenza minimi. La prolassectomia meccanica (PPH) pur essendo definita il gold standard nel mondo come tecnica chirurgica, non è scevra di rischi e complicanze se attuata da mani non esperte, condizione comune per tutti gli interventi non eseguiti a regola d’arte.

Abbiamo parlato del passato e del presente, e il futuro?

Ci muoviamo oramai a una velocità che incrementa in maniera fattoriale e ce ne facciamo vanto. Ci vediamo distanti anni luce anche dal nostro recente passato, e forse lo siamo realmente. Ricordiamo però che
“ Noi siamo come nani sulle spalle di giganti: se il nostro sguardo arriva più lontano è solo perché abbiamo potuto giovarci dell’altezza di questi”.

Dr. Vincenzo Casolino

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Un commento

  1. Carissimo Vincenzo. Ti conosco come un professionista serio, diligente ed amante del tuo lavoro. Questo articolo che mi hai fornito per il blog è una testimonianza del tuo impegno. Sei stato rapido, efficace e molto chiaro nelle tue esposizioni.
    Grazie da parte mia e dagli eventuali utenti per un valido e tecnico aggiornamento specifico. Con affetto e stima, daddy.

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